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Zoran, il mio nipote scemo

Regia di Matteo Oleotto vedi scheda film

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La recensione su Zoran, il mio nipote scemo

di GIANNISV66
8 stelle

La provincia sonnolenta dietro cui si nascondono storie di grandi rimpianti e grandi fallimenti è lo sfondo di questo brillante esordio di Matteo Oleotto. La provincia dei buoni sentimenti e delle cattive abitudini, dove un bicchiere di vino può essere il modo più semplice per dimenticarsi di ciò che si è.

E non importa di quale provincia si parli, perché le vicende spesso si assomigliano; qui siamo in quella friulana al confine con la Slovenia.

Paolo Bressan è un alcolizzato (o alcolista, come ama definirsi lui) senza speranza, una vita di errori e delusioni alle spalle affrontata nel presente col piglio cinico di chi non vuol dimostrare il benché minimo affetto nei confronti degli altri.

Lavora, per conto di una cooperativa sociale, come cuoco in una casa di riposo per anziani ma il suo massimo impegno lo impiega per tormentare il suo povero collega (di lavoro e di problema alcolico) Ernesto, e il suo capo, nonché attuale compagno della ex moglie di Paolo, Alfio.

Un giorno arriva dalla vicina Slovenia la notizia della morte di una anziana (e praticamente dimenticata) zia; Paolo si precipita, pensando che la convocazione del notaio gli porti una qualche eredità, e si ritrova invece come tutore, sia pur temporaneo, di un minore, un lontano nipote, in apparenza con un bel po' di problemi comportamentali.

Ma Zoran, il nipote del titolo, si rivela un asso nelle freccette, e la prospettiva di una vittoria a un torneo internazionale in Scozia con relativa vincita di cinquantamila sterline è troppo allettante per un disperato come Paolo, e darà il via a una serie di vicende che metteranno il protagonista di fronte ai sui fallimenti ma anche alla possibilità di poter togliere quella patina di amaro cinismo che avvelena il suo quotidiano.

Matteo Oleotto ripercorre strade già battute da nomi importanti del cinema di casa nostra (pensiamo a Carlo Mazzacurati) e racconta una storia dai contorni drammatici con la leggerezza della commedia. Il risultato è assolutamente incoraggiante, gli aneddoti che costellano la vicenda strappano apertamente risate ma non pongono mai in secondo piano quello che è il senso più essenziale di questa pellicola.

E cioè che esiste sempre una speranza anche per chi non riesce più a credere nella bontà della vita. E se si ride, come detto, di gusto, non si può non provare compassione per chi annega la propria incapacità di esistere in un bicchiere di vino di incerta origine trangugiato come fosse acqua fresca.

Il lavoro di Oleotto conquista dunque una promozione piena, ben supportato da un cast assolutamente azzeccato. Se non ci stupiamo per la bravura di Giuseppe Battiston nel ruolo del protagonista, e per quella di Roberto Citran (nei panni di Alfio), restiamo comunque ammirati dall'eccellente prova del giovane Rok Prasnikar perfetto nei panni di Zoran e di Marjuta Slamic in quelli della ex moglie Stefanja. E una menzione particolare va fatta per Riccardo Maranzana impegnato a dar vita al surreale Ernesto.

Non si può comunque chiudere la recensione evitando di dare il giusto merito all'ambientazione che fa da sfondo alla storia: le colline friulane ammantate di boschi e vigneti. Per quanto siano meschine le esistenze degli uomini, la natura riesce a conservare la sua bellezza, così come in fondo all'animo di ognuno, anche di un cinico alcolista come Paolo Bressan, si conserva la capacità di provare sentimenti.

 

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