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Il caso Kerenes

Regia di Calin Peter Netzer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il caso Kerenes

di maghella
8 stelle

Finalmente un film che non ha deluso le mie aspettative, ma che anzi le ha superate. Aspettavo di vedere questo «Il caso Kerenes», prima ancora che il regista Calin Peter Netzer ne vincesse l'Orso d'Oro al Festival di Berlino di quest'anno (meritatissimo).

Mi incuriosiscono molto i film che utilizzano una storia che possa intaccare il «mito» familiare, quelle che sono le «certezze» sociali del nostro tempo, e questo film non fa sicuramente «sconti».

Cornelia, la protagonista assoluta della storia interpretata da una bravissima Luminita Gheorghiu, è una donna di sessan'anni, di famiglia agiata, scenografa teatrale, architetto, decisa e risoluta, l'immagine di una Romania «nuova», al passo con i tempi.

Il film ci mostra subito il cruccio di Cornelia: il brutto rapporto con il figlio Barbu (Bogdan Dumitrache), un giovane uomo che, nonostante abiti fuori casa e ha una relazione con una donna da anni, non riesce ad avere una vita indipendente, continuamente in conflitto con i genitori che disprezza ma dai quali cerca aiuto ogni volta che ne ha bisogno.

Barbu ha un brutto incidente stradale che provoca la morte di un ragazzo di 14 anni, Cornelia si batte con tutte le sue forze per evitare al figlio una condanna pesante ed eventualmente la prigione per omicidio colposo.

Il regista decide di raccontare tutta la storia, che si svolge nell'arco di un paio di giorni, con la macchina da presa a spalla, in questo modo chi vede il film diventa lui stesso un personaggio invisibile che segue passo passo tutta la vicenda, assorbendone tutti i passaggi angoscianti.

La macchina da presa segue sempre Cornelia, che è in scena per tutto il film, la scruta quando è sola, quando è in bagno a fare la pipì, quando non è ancora a conoscenza della tragedia che sta attraversando il figlio, quando cerca di carpire informazioni dalla donna di pulizie del figlio, dalla polizia, dal medico... da chiunque la possa aiutare ad avere il controllo assoluto su Barbu, sulla sua creatura.

E' il controllo la vera ossessione di Cornelia, non le importa se per ottenerlo deve corrompere poliziotti e testimoni, se deve umiliare la compagna del figlio, se in questo modo rende il marito una figura inetta e «informe», non le importa essere offesa dal figlio, non le importa... quello che vuole è che le cose vadano come lei ha progettato.

Barbu, quasi come per reazione, è ossessionato dalle malattie, dal contagio, tanto che anche la procreazione di un eventuale figlio è vissuta come una malattia infettiva.

Quello che rende ancora più agghiacciante il film, come se tutto questo non bastasse, è la totale mancanza di attenzione per la morte del ragazzo. Il ragazzo morto è il figlio di una famiglia modesta, da subito le differenze di classe si notano: Cornelia grazie alle sue conoscenze ottiene subito agevolazioni per le procedure processuali, riesce a corrompere il testimone che potrebbe aggravare la posizione del figlio, riesce quasi a riprendersi il figlio in casa.

Sarà il funerale del ragazzo a riportare «ordine» nei ruoli, a ridimensionare le ossessioni, a riportare ad una sorta di normalità per poter ricominciare da capo.
Il cordoglio diventa un momento di analisi per Cornelia, che per giustificare il proprio figlio davanti alla madre che ha perso per sempre il suo, lo piange quasi come se fosse lui la vittima morta per sempre.
Cornelia piange suo figlio perso anche se è sempre vivo, un figlio amato da piccolo, sul quale aveva riversato tutte le sue aspettative e i suoi sogni che sono stati inesorabilmente delusi.

Un film amaro, quasi fastidioso in alcuni passaggi in cui l'egoismo e l'ottusità di Cornelia sono disarmanti (il dialogo con la donna di servizio mi ha dato la nausea), e la vigliaccheria e l'apatia di Barbu sono deprimenti. Cornelia e Barbu sono entrambi figli, i figli di una nazione che ha oppresso per anni il proprio popolo, volendo controllare come una «grande madre» la vita, le idee, le voglie e le possibilità dei «suoi figli». La morte del giovane ragazzo apre una amara possibilità di fuga per chi resta in vita: Cornelia dovrà fare i conti con la sua solitudine e le sue colpe, Barbu con le proprie responsabilità.

Ci sono tante belle scene nel film, da quella iniziale della festa di compleanno di Cornelia, dove la musica italiana di Nino d'Angelo e Gianna Nannini fanno da colonna sonora alla felicità di facciata di Cornelia, che in verità soffre la mancanza del figlio ai festeggiamenti.
Fino all'ultima scena incorniciata da uno specchietto retrovisore della macchina, dove finalmente Barbu per la prima volta assume le proprie responsabilità affrontando la famiglia del ragazzo che ha ucciso.

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