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AninA

Regia di Alfredo Soderguit vedi scheda film

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La recensione su AninA

di OGM
7 stelle

Sergio e Alfredo. Un romanziere ed il suo illustratore. Uniti sulla carta – e ora anche sul grande schermo – dalla passione per le cose che vanno e vengono. Anina Yatay Salas è un nome che è tre volte capicúa: il termine, di origine catalana, significa capo e coda, ed indica un palindromo, una parola che si può leggere, indifferentemente, da sinistra a destra o viceversa. Una serie di lettere da ida y vuelta, che descrivono un percorso di andata e ritorno. La piccola protagonista di questo racconto per bambini è in viaggio. Si sposta in autobus per raggiungere la scuola, ma è soprattutto la passeggera di un lío de novela, un gran bel pasticcio. Durante la ricreazione, l’ha combinata grossa, e la direttrice le ha inflitto un angosciante castigo: dovrà conservare, per una intera settimana, una busta nera sigillata con la ceralacca, resistendo alla tentazione di aprirla. Solo alla scadenza prestabilita potrà aprire il plico, per conoscerne il contenuto. I sette giorni di trepidante attesa per quella rivelazione, che non promette nulla di buono, saranno densi di avvenimenti, e soprattutto grondanti di dubbi, di situazioni tali da creare dilemmi ed imporre delle scelte.

 

scena

AninA (2012): scena

 

Nella mente di Anina si formeranno domande senza risposta, mentre altre risposte giungeranno inaspettate, come scoperte in grado di capovolgere la sua visione del mondo. Per avanzare, occorre a volte tornare indietro. Ritrovare il punto in cui ci si è smarriti, per capire meglio la direzione da prendere. Correre troppo equivale a rischiare di cadere, di sbandare, di  abbandonare ed essere abbandonati. La circolarità non è  affatto una limitazione, e richiede comunque un impegno, un sapiente uso della ragione: se un rettilineo si può percorrere alla cieca, senza sapere quale sia la meta, per attraversare un labirinto bisogna invece essere ben vigili, oltre a porsi un preciso obiettivo. Il tracciato sarà contorto e non porterà lontano dal punto di partenza, ma in compenso sarà grande l’esperienza raccolta lungo la strada.

 

 

scena

AninA (2012): scena

 

L’errore è dolce, quando è quello impalpabile del pensiero: infatti è in grado di aprirci gli occhi senza farci concretamente del male. Se è vero, come dice il proverbio, che sbagliando si impara, non per questo è necessario soffrire. Solo Agueda, la maestra mala, sostiene che la letra con sangre entra. Spetta a lei il vero ruolo da cattiva: è l’unico personaggio autenticamente ottuso, che agisce per partito preso, assumendo atteggiamenti cinici e crudeli per puro gusto, sulla scia di una infondata convinzione personale; non a caso la storia la condanna senza appello. Per questa strega, degna solo di popolare terribili incubi infantili, non sussistono le attenuanti che si applicano agli altri personaggi: le vicine impiccione e pettegole, che pure hanno dalla loro un qualche – sia pur sorpassato - senso morale, e Ysel, l’alunna antipatica, che si comporta male solo perché è triste per la mancanza del suo papà. In fondo, c’è qualcosa di piacevole e positivo in tutto ciò che viene fatto in buona fede, per quanto possa magari sembrare folle o invadente. Ci sono passioni che tracimano, ossessioni che si mettono in mostra, ma sono sempre e comunque frutti di meravigliose fantasie: la canzone del mendicante, la acrobazie letterali del padre di Anina, le funamboliche esibizioni di Pablo. Se si esagera, è solo per aver troppo sognato. L’immagina abbaglia, quando prende il sopravvento, ed è così che nascono le favole. Ma, da quel surreale stordimento, prima o poi ci si risveglia. La morale coincide allora con la riconquista della lucidità. Dopo il caos, l’illusione, il terrore, i toni si smorzano, e la normalità, con le sue blande imperfezioni, riporta la pace, insieme alla mansuetudine indotta da una serena umiltà.  

 

Anina ha concorso, come candidato dell’Uruguay, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero. 

 

scena

AninA (2012): scena

 

 

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