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Quinto potere

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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La recensione su Quinto potere

di scandoniano
10 stelle

La TV plasma le coscienze. Affabula ed al contempo fagocita la realtà. E, lo si dice spesso, è lo specchio del paese. Se sia nato prima l’uovo o la gallina non è ci è dato saperlo: fatto sta che, nella fattispecie, realtà e fiction televisiva si alimentano reciprocamente senza soluzione di continuità. Sydney Lumet mette a nudo i sordidi meccanismi della televisione statunitense, fino a mostrarne le conseguenze estreme.
Non si tratta del sunto in quarta di copertina dell’ultimo libro sulla televisione, presente in bell’evidenza sugli scaffali della libreria in centro (eppure potrebbe esserlo); si tratta invece di un commento al film “Quinto potere”, datato 1976. Superato l’iniziale scoramento nel constatare come in più di 30 anni lo stato del sistema televisivo non sia migliorato (anzi, tutt’altro), il successivo elemento che balza all’occhio è l’estrema genialità di questo film, in cui realtà e finzione televisiva si rincorrono continuamente. Emblematici gli sproloqui del Messia Mediatico Howard Beale (Peter Finch) e lo stato di personalità multipla scollato dalla realtà del personaggio della Dunaway. Tra tutti i personaggi, il più positivo è Max Schumacher (uno straordinario William Holden), che incarna la coscienza forte, per quanto vacillante, dello spettatore televisivo ideale.
Il film si chiude con la frase: “Questa è la storia di Howard Beale, il primo caso conosciuto di un uomo che fu ucciso perché aveva un basso indice di ascolto!”. La genialità della frase sta nel fatto che la voce-off, per tutto il film distaccatamente asettica, in merito al colpo di scena finale, esprime un giudizio di merito in cui, anziché sottolineare la bestialità della matrice del gesto, ne evidenzia l’aspetto più pragmatico e becero (quello economico), conformandosi di fatto al sistema stesso.
Straordinari sceneggiatura e dialoghi, così come la prova degli attori, tra cui spicca una Faye Dunaway meritatamente Oscar come protagonista nel 1977.
Capolavoro assoluto del genere, primo caposaldo di una ideale tag-list sul rapporto tra cinema e televisione, “Quinto potere” ancora oggi è una pellicola dal valore socio-antropologico inalterato.

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