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Non-Stop

Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film

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La recensione su Non-Stop

di sev7en
3 stelle

 L'air marshall Bill Marks durante una classica giornata di lavoro nella tratta New York – Londra, si trova coinvolto in un dirottamento “telefonico”, in cui tramite messaggi viene minacciato di trovare 150 milioni di dollari pena la morte ogni 20 minuti di un passeggero.

 

Nulla è come sembra… l’apparenza inganna… non puoi fidarti di nessuno: tre mantra che nell’ultimo film di Jaume Collet-Serra riempiono le bottiglie svuotate da Liam Neeson, protagonista della nuova collaborazione cinematografica dopo il riuscito ed apprezzato Unknown – Identità Nascoste. Il dito viene puntato direttamente in cielo, tra le nuvole, poiché Bill Marks è uno “sheriffo” a bordo dei voli di linea con il compito di garantire la sicurezza dei passeggeri e un passato alle spalle che torna a tormentarlo ogniqualvolta abbia a che fare con bottiglie, sigarette e… ricordi familiari. A movimentare il viaggio, però, ci pensano una serie di messaggi spediti sul suo telefonino nel quale gli viene ordinato di depositare su un conto corrente 150 milioni di dollari altrimenti i passeggeri, uno dopo l’altro, passeranno ad altra vita. Il film è un thriller che si ispira tanto a Passenger 57 o Airplane! in cui la consapevolezza di essere su una tomba volante la faceva da padrona, generando quindi panico e squilibri umorali tra i passeggeri, quanto ad opere di recente fattura come il citato Unknown o Grand Piano, dove l’identità della minaccia è indefinita (potrebbe teoricamente essere qualunque passeggero…) e ognuno, a turno, viene accusato / discolpato di essere il “postino”. Bill si muove tra la classe economica e quella business pilotato dai messaggi in stile Realtà Aumentata del dirottatore, cercando di gestire alla meglio una situazione che, nonostante la disastrata condizione psicologica, lo trova straordinariamente lucido, efficiente e calmo poiché, senza svelare nulla della trama, si trova ad essere sotto pressione non più come paladino ma come vero e proprio artefice dell’operazione. A supportarlo un cast che sui titoli di coda non sfigura, Julianne Moore, Michelle Dockery, Scoot McNairy, ma che all’interno della pellicola fa solo da zavorra all’aereo con una recitazione ai limiti dell’insulto e una mimica, in primis facciale, alla stregua di uno stoccafisso.

 

L’inevitabile happy-ending non si fa attendere e non è un pregio: i minuti scorrono velocemente non perché ci sia una solida struttura narrativa o l’intreccio dei sospettati tenga in quota la suspance ma poiché con uno stile di montaggio alla video-clip si frullano colpi di scena a ripetizione, giocando sull’effetto sorpresa senza creare quel minimo di pathos nello spettatore che si ritrova a subire passivamente gli eventi non entrandone mai in parte. L’empatia che infatti dovrebbe istaurarsi con l’eroe è pari a zero, anzi, ci si augura che il countdown abbia questa volta modo di giungere al termine ed i “cattivi” vincere in barba alla netiquette o agli stereotipi che vedono in culture diverse (arabi, guardacaso…) i primi da puntellare come triste, tristissimo “omaggio” all’11 settembre che fu.

Un film mainstream che non aggiunge nulla se non una realtà 2.0 a quanto già detto dai vecchi classici, sconsigliato in ogni caso anche per conciliare il sonno…

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