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Quelle strane occasioni

Regia di Luigi Magni, Luigi Comencini, Nanni Loy vedi scheda film

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La recensione su Quelle strane occasioni

di barabbovich
6 stelle

Metà anni settanta. Gli anni degli indiani metropolitani, di Potere Dromedario, del femminismo, della liberazione sessuale, dei modelli etici che si cominciavano ad affrancare dai canoni parrucconi di un'Italia provinciale e bigotta, che con l'esito dei referendum su aborto e divorzio stava dando finalmente un segnale di modernità. Tre registi raccontano gli spostamenti progressivi del comune senso del pudore giocando sul tema della doppia morale e turlupinando un Paese pronto al rinnovamento soltanto a chiacchiere.
Il primo episodio, diretto ma non firmato da Nanni Loy, racconta la vicenda di un venditore italiano di castagnaccio (Villaggio) emigrato ad Amsterdam per fare fortuna. Gli incassi sono scarsi, la moglie (Loncar) mugugna e il caso vuole che finisca col fare il performer superdotato in un cabaret locale. Quando la moglie lo scopre, pretendendo di avere una parte nello spettacolo, l'uomo va in crisi.
Nel secondo episodio, diretto da Luigi Magni, un architetto romano rimasto solo a casa (Manfredi) si vede arrivare tra capo e collo una ragazza che aveva conosciuto molti anni prima, quando questa era ancora una bambina. Non resisterà agli impulsi della carne ma ne scoprirà delle belle.
Il terzo episodio è anche il più fiacco. Lo dirige Comencini e lo interpretano, all'interno dell'angusto spazio di un ascensore rimasto bloccato nel giorno di ferragosto, un monsignore (Sordi) e una ragazza (Sandrelli) in procinto di andare al mare. I due consumano ma il prelato, a cose fatte, sistema tutto sotto il profilo morale.
Commedia a episodi con pretese di satira di costume ben allocata, che a distanza di anni fa sorridere (ma l'episodio di Villaggio possiede momenti esilaranti) e vale soprattutto come testimonianza di una transizione d'epoca.

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