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Foxcatcher - Una storia americana

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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La recensione su Foxcatcher - Una storia americana

di mexicanstandoff
6 stelle

Steve Carell

Foxcatcher - Una storia americana (2014): Steve Carell

I fratelli Dave e Mark Schultz, molto uniti dalla perdita dei genitori, sono campioni olimpici di lotta libera, ma Mark vive all’ombra del fratello.

Il milionario John DuPont, afflitto da un tormentato rapporto di sudditanza nei confronti dell’anziana madre, decide di contattare entrambi i lottatori per inserirli nel Team Foxcatcher da lui stesso “allenato” per partecipare ai Campionati del Mondo.

Solo Mark accetta l’offerta e inizia il suo travagliato percorso separato dal fratello Dave, che invece rifiuta per una maggior serenità familiare. Foxcatcher è una storia americana, una storia di cronaca e una storia di vittorie solo esteriori.

In Foxcatcher ci sono medaglie vinte e atleti orgogliosi, un milionario filantropo e una famiglia serena. Ma Foxcatcher è un racconto di soli perdenti.

I due personaggi principali, Mark e DuPont, sono alla costante ricerca di se stessi. Entrambi hanno il necessario bisogno di una guida autorevole e sono incapaci di prendere la propria vita per le redini.

Due animi frustrati e solo in apparenza vincenti: Mark con le sue medaglie, guadagnate esclusivamente grazie al supporto del fratello e DuPont con il suo denaro e un’immagine maestosa, sottomesso però ad una madre costantemente insoddisfatta del proprio figlio.

Due figure simili, assillate dal bisogno di dimostrare autonomia alle proprie figure di riferimento piuttosto che a se stessi. Un enorme desiderio di raggiungere il vertice, ma una pratica inettitudine a vivere in mancanza dell’ombra di altri. Soggetti che non potevano che annichilirsi a vicenda.

In questa storia di incapacità, anche quel buono che c’era, rappresentato da Dave, è destinato alla distruzione, che è assoluta e totalizzante.

Bennett Miller sfrutta l’intera opera per una profonda analisi introspettiva dei suoi personaggi, con le paure infantili mai superate e l’incapacità di buttarsi dal nido e spiccare il volo.

Il documentario commissionato da DuPont rappresenta l’emblema della sua esistenza: un qualcosa di costruito, dall’apparenza gloriosa e quasi epica; uno specchio contenente tutti i desideri irrealizzati del milionario e che restituisce l’immagine che egli stesso vorrebbe avere di sé. Un patriota, un uomo vigoroso, giusto, esperto ornitologo e filantropo: un vincente. Tutto ciò avviene può essere reale solo in un filmato, il perfetto doppio negativo della realtà.

Il regista gioca davvero in grande con la potentissima ed allegorica scena in muto della liberazione dei cavalli, sequenza destabilizzante e pregna di pathos. Una liberazione solo simbolica di DuPont dal peso opprimente della madre ormai defunta, gesto estremo e vano di rivendicazione fittizia che non lo aiuta a padroneggiare finalmente se stesso, ma ne sancisce anzi la definitiva pazzia, essendo venuta a mancare la figura guida.

Foxcatcher è un film intimo e riflessivo, di irrimediabile sconfitta e catastrofica discesa, di sogni irrealizzabili e lotta personale.

La pellicola avrebbe necessitato di una maggior attenzione da parte dell’Academy, con un Carell che avrebbe SICURAMENTE meritato l’Oscar.

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