Regia di Spike Jonze vedi scheda film
Meravigiosa storia d'amore, tanto triste quanto ben ingegnata, e maestosa prova attoriale di Joaquin Phoenix. Danneggiano in parte il risultato finale l'eccessiva verbosità dell'opera e un doppiaggio italiano da ergastolo.
Partiamo dai pregi di questo “Lei”, ultimo lavoro di Spike Jonze: una meravigliosa storia d'amore, tanto triste quanto ben ingegnata; una prova attoriale, l'n-sima, di enorme statura da parte di Joaquin Phoenix, attore che incomincio ormai a venerare come l'Al Pacino del Secolo XXI; una linearità e chiarezza narrativa che oggidì spesso latita nei film di qualità. Nella colonna dei Meno metterei invece l'estrema verbosità dell'opera, cosa forse inevitabile se consideriamo che la co-protagonista non è una donna ma un sistema operativo, ma che forse si sarebbe potuto paliare con altri escamotages; la voce italiana della Johansson, affidata a Micaela Ramazzotti che anziché limitarsi a doppiare ne da una sua versione insopportabilmente sopra le righe. E' vero che quest'ultimo punto pesa interamente e unicamente sulla coscienza del distributore italiano, ma giuro che ogni volta che sentivo quella voce rimpiangevo di non aver portato con me al cinema due pomodori o un pacco da sei uova marce.
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