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Viva la libertà

Regia di Roberto Andò vedi scheda film

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La recensione su Viva la libertà

di Peppe Comune
7 stelle

Il "più grande partito d'opposizione" si trova in uno stato di perenne immobilismo politico e culturale, i sondaggi d'opinione lo danno in netto calo e il suo segretario, l'Onorevole Enrico Olivieri (Toni Servillo), è ritenuto il maggior responsabile di tutto ciò. Soprattutto da compagni di partito scaltri e navigati come De Bellis (Andrea Renzi) ed Evelina Pileggi (Anna Bonaiuto). Invece di affrontare la situazione, Olivieri scompare senza dire niente a nessuno, compresi la moglie Anna (Michela Cescon) e il suo fidato segretario Enrico Bottini (Valerio Mastandrea). Se ne va in Francia e trova ospitalità da Danielle (Valeria Bruni Tedeschi), un amore di vent'anni prima, ora sposata con Mung (Eric Nguyen), un grande regista francese di origini giapponesi con il quale ha avuto una figlia, Mara (Judith Davis). Inizialmente, Bottini riesce a gestire la cosa facendo credere a tutti che il segretario, a causa di un improvviso malore, si è ricoverato in gran segreto in una clinica per curarsi. Poi chiede aiuto ad Anna ed insieme decidono di rivolgersi a Giovanni Olivieri (Toni Servillo), il fratello gemello dell'Onorevole, da poco uscito da una critica psichiatrica, uno stimato professore di filosofia che usava pubblicare i suoi libri con lo pseudonimo di Giovanni Enrani. Giovanni non sa dove possa essere il fratello, non si sentono da più di vent'anni. Può però praticare un gioco che facevano spesso : quello di scambiarsi l'identità. 

 

Toni Servillo

Viva la libertà (2013): Toni Servillo

 

"Viva la libertà" di Roberto Andò (tratto dal romanzo "Il trono vuoto" scritto dallo stesso regista) è una favola per adulti che fornisce notizie assai veritiere sullo stato di salute dalla realtà politica italiana : con il "governo peggiore della nostra storia" a muovere i fili di un teatro di marionette recitato a cielo aperto, e un opposizione inabissata nella sua pochezza intellettuale oltre che in uno spirito di emulazione che gli riesce anche male. A mio avviso, l'aspetto più intrigante del film sta nel paradosso che ne sorregge la storia, nel fatto cioè che, pur rappresentandola usando uno schema narrativo del tutto improbabile, giunge ad aderire al contesto socio politico coevo e a fornire delle riflessioni veritiere sullo stato delle cose. Alcuni personaggi sono portati al limite del grottesco (penso soprattutto al Presidente della Repubblica interpretato da Massimo De Francovich) ma non arrivano mai a farsi macchietta, così come alcune scene decisamente surreali (come il ballo di gruppo nella clinica psichiatrica, il valzer improvvisato con la Cancelliera tedesca o il comizio fatto con le parole di Bertolt Brecht) mi sembrano funzionali per un discorso che vuole essere serio senza apparire ne didascalico ne, tantomeno, moralistico. Partendo dal rapporto speculare che intercorre tra i due gemelli, il film e come se ci mettesse di fronte ad un gioco di specchi che mischia continuamente realtà e finzione, slanci sentimentali e opportunismo politico, la passione per gl'ideali con la freddezza numerica dei sondaggi d'opinione, i sofismi del realismo politico con la chiarezza espandente della Poesia. Opposti che si attraggono fino a confondersi dunque, proprio come i gemelli Olivieri, che rappresentano l'uno il prolungamento sentimentale dell'altro, due identità che si osservano da lontano e che finiscono per completarsi a vicenda. L'uno sparisce per misurare da lontano il peso della sua assenza ("Voglio vedere come fanno senza di me questi stronzi"), l'altro compare nel momento in cui si rende urgente una presenza ; l'uno è stato pietrificato da una politica intesa come scienza del compromesso, l'altro usa la lucida follia per ricondurre l'agire politico al soddisfacimento dei bisogni primari delle persone ("Il consenso è una cosa seria, non ha niente a che vedere con le alleanze. L'unica alleanza possibile oggi è quella con la coscienza della gente"). I gemelli Olivieri riflettono la natura dialettica dell'arte politica, così come lo specchio della società civile può essere la classe politica che la rappresenta nelle sedi istituzionali ("Se i politici sono mediocri i loro elettori sono mediocri, se i politici sono ladri i loro elettori sono ladri"). In questa sorta di gioco che ho indicato, un ruolo centrale è certamente occupato dal cinema, e non tanto perchè si fa spesso riferimento alla "vecchia" passione per il cinema di Enrico, perchè il marito di Danielle è un grande regista (uno dei preferiti proprio di Enrico), o per il fatto che parte del soggiorno francese di Enrico si svolge sul set cinematografico dove Danielle lavora come segretaria di produzione, ma perchè il cinema è visto come un collante con la realtà circostante più di quanto riesca ad esserlo la politica. "In fondo, la politica e il cinema non sono così lontani, sono due mondi in cui il bluffe il genio coesistono e spesso non è facile distinguerli", dice Mung ad Enrico. Ma la differenza è certamente qualitativa : la mistificazione della realtà che scaturisce dall'agire politico genera disorientamento e sfiducia nelle istituzioni ; quella operara dal cinema rimane innoqua proprio per la sua attitudine di rapportarsi alla realtà senza la pretesa di assoggettarla. Rimenendo al cinema, mi piace sottolineare il fatto che a me Giovanni Enrani ha ricordato non poco il personaggio di Change "Giardiniere" del film "Oltre il giardino" di Hal Ashby. Come Change, a Giovanni basta un modo semplice ed incisivo di usare le parole per ricondurre le cose al loro significato originario ; come Change, Giovanni si serve di una lucida ingenuità per smascherare l'insensatezza di tanti arzigogoli della politica ; come Change, Giovanni è un alieno in un mondo che si è abituato all'indecenza (parafrasando il Fellini che ci viene mostrato in un immagine di repertorio mentre lancia i suoi strali contro la cattiva usanza di interrompre la riproduzione di un film con la pubblicità). Il suo successo deriva dal sapere esprimere delle verità che sono sotto gli occhi di tutti ma che nessuno dice, di riportare la politica alla sua innata complessità filosofica senza farla allontanare dai cittadini, anzi, facendola apparire vera come non mai, foriera di buone aspettative come non lo era più da molto tempo. Chi si rende perfettamente cosciente di questo radicale mutamento della politica, avvenuto attraverso il semplice utilizzo di un linguaggio colto ma al tempo stesso chiaro e diretto, è Enrico Bottini. A tal proposito, c'è un dialogo molto bello ed emblematico tra lui e Giovanni : "Mi vengono i brividi solo a pensarci, ma io, a uno come lei, lo voterei", dice Bottini. "E si sente in colpa per questo", risponde sardonico Giovanni. Ecco, in questo breve scambio di battute emergono, sia la difficoltà ad affrancarsi da una visione corporativa della politica che tollera molto poco le scosse telluriche provenienti da agenti "estranei", che la paura di disincagliare la politica dall'orlo della "catastrofe" dove giace e vegeta. Eppurre, bisognerebbe sconfiggerla questa paura di "vincere" se si vuole ridare alla politica tutta la libertà che merita : "dall'approssimazione e dall'insignificanza". "Viva la libertà" è stato per me una piacevole sorpresa, un film che fornisce qualche giustificazione ai suoi detrattori data una certa illogicità di carattere che permea la storia (ad esempio, come è possibile che un uomo politico così importante sia letteralmente sconosciuto in Francia ? Come mai nessuno conosce l'identità di Giovanni Enrani quanto questi è identico al fratello onorevole e si è detto che è un filosofo che ha pubblicato libri di successo e che ha insegnato anche all'università ?) e anche per il suo voler essere ostentatamente consolatorio. Ma a me è piaciuto proprio perchè ho trovato del tutto superfluo trovarvi una logica quanto è attraverso la lucida follia di un "pazzo" illuminato che si è inteso voler fare un po' di chiarezza sullo stato delle cose. Per me è una favola per adulti come ho scritto all'inizio, una favola interpretata magistralmente da Toni Servillo.

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