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All Is Lost

Regia di J.C. Chandor vedi scheda film

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La recensione su All Is Lost

di sasso67
8 stelle

Il solitario protagonista di All Is Lost, secondo film di J.C. Chandor, potrebbe essere il vecchio marinaio di Coleridge, al quale, in campo musicale, fu danta, già più di trent'anni fa, adeguata veste hard rock dagli Iron Maiden (Rime Of The Ancient Mariner). Oppure potrebbe essere un uomo in fuga da qualcosa. Noi non lo sappiamo, così come non sappiamo perché ciascuno di noi si trovi a navigare nella vita su una barca che può essere affondata da qualsiasi urto e quindi con mezzi (materiali) sempre più scarsi.

Qualunque sia - se c'è - la metafora alla base di All Is Lost (conoscendo meglio il regista, vi si potrebbe anche intravedere un messaggio di tipo cristiano o comunque salvifico), siamo di fronte ad un'opera singolare e fascinosa, tenuta in pugno da un regista con mezzi apparentemente semplici e da un protagonista che non fa sfoggio di mezzi mattatoriali, pur stando in scena, da solo, dall'inizio alla fine del film. Redford è stato uno degli interpreti di punta del cinema hollywoodiano soprattutto nel periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, pur non avendo gli straordinari mezzi espressivi dei vari Hoffman, Nicholson, Pacino e De Niro, rispetto ai quali poteva sfoggiare una maggiore avvenenza fisica, dovuta ad un'armoniosa regolarità di lineamenti tipicamente wasp. Però è un attore che ha fatto i film giusti al momento giusto: solo per citarne alcuni in ordine sparso, La caccia, Il candidato, I tre giorni del Condor, Tutti gli uomini del presidente, Corvo Rosso non avrai il mio scalpo. Ecco, forse se c'è un film redfordiano cui All Is Lost può somigliare, magari pur capovolgendone il senso, è proprio quello incentrato sulla figura di Jeremiah Johnson, qui con un personaggio che non ha neppure la ventura di poter poggiare i piedi sulla terra, mentre sotto di lui si muovono, arcane e indifferenti (com'è la natura negli ultimi film di Malick), le creature oceaniche, ed i mezzi a sua disposizione divengono di ora in ora più flebili. Fino ad un finale che, non so quanto voluto dall'Autore (ma lo è fino a prova del contrario), sembra ribaltare l'assunto contenuto nel titolo.

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