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Dallas Buyers Club

Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film

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La recensione su Dallas Buyers Club

di zombi
6 stelle

aldilà della storiaccia su come una malattia come l'aids è stata trattata dall'fda e di come soprattutto sono stati trattati i malati di questo terribile virus, il film di vallee mi ha lasciato un pò freddo. disturbante la trasformazione fisica dei due attori premiati con l'oscar così com'è disturbante il clima in cui la malattia era considerata, una peste diffusa e circoscritta al mondo sporco e perverso degli omosessuali, considerati alla stregua di ratti di fogna da una elite di pure white trash, tra l'altro. il ron woodroof del neo premio oscar matthew maconaughey è un orrido manichino carne e ossa che vivacchia di droga, sesso consumato come fosse una droga sniffata di sfuggita nei cessi e scommesse legate al mondo dei rodeo. il percorso umanizzante di woodroof avviene nel modo più canonico e cinematograficamente oscarizzante possibile. la morte prematura; la possibilità vivissima di un'interruzione di vita dovuta ad una malattia che la sua ignoranza credeva confinata alla schifosa congiunzione carnale di due uomini, anzi pardon, due checche. per carità la performance di maconaughey è, ripeto, disturbante, ma mi ha ricordato in più punti alla "acclamata" performance caricaturale di charlize theron in "monster", ovviamente premiata con la statuetta placcata oro. che in una vita così poco retta e illuminata e anzi regredita ad uno stato mentale tipico di certa feccia che si crede invece eletta, ci fosse così poco da romanzare ed eleggerla degna d'interesse per un vasto pubblico, credo non ci volesse un premio nobel per immaginarlo. forse in terra belga, o austriaca avrebbero reputato interessante mostrare per immagini semi documentaristiche, le gesta di un tal cavalliere di ben modeste imprese. la sua trasformazione in persona migliore, lo ha reso automaticamente interessante per un academy sempre molto ben predisposta a premiare una rivoluzione attoriale in autoriale. e ci sta. mi piace la apparente pacata reazione del bell'oggetto, che si è contentato per anni di apparire e si è poi ben adattato alle intenzioni del business di decidere di corrompere la sua icona. ben altro effetto mi ha fatto la trasformazione dell'idolo teenager-iale bello come il sole jared leto. a parte il fatto che il pupattolo è dotato di uno sguardo azzurro sbarrato un tantinello inquietante, che ricorda una lepre incantantata dai fari di un auto, presa in pieno ma non morta, bensì "viva"(?) e vegeta anche se un pò malridotta e sanguinante. la sua rayon ha bucato lo schermo da quando è comparsa a quando è scomparsa. le sue scene melodrammatico-lacrimevoli sono indelebilmente segnate dal Dolore cosmico e dal rifiuto; da quello genitoriale a quello della società. quello sguardo consapevole è pronto a differenza di quello di ron a quasi tutto. solo la raggiunta sicurezza della morte la fa cedere, e il gesto affettuoso di un abbraccio da parte di ron, la fa commuovere. a differenza di maconaughey che ha dovuto  immedesimarsi ed elaborare il personaggio su cui si basa il film, leto è evoluto in un'indefenita rappresentazione dell'omosessuale travestito, facile e pericoloso allo stesso tempo, ma nel suo caso talmente sentito da annullarsi in favore di ciò per cui è stato giustamente premiato. più che il fingere mi ha infastidito l'insistere, dove per insistere intendo una esibita cattiva gestione della sceneggiatura e del sentimentalismo  che mi ha ricordato le parate staliniste atte a commemorare una grandiosità di cartone che nasconde dolore e oppressione, a discapito di un ricordo sentito e commosso in memoria di una persona che ha saputo elaborare la propria disgrazia in qualcosa che aiutasse tutti non importa chi essi fossero.

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