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Möbius

Regia di Eric Rochant vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Möbius

di alan smithee
7 stelle

Quando uno dice "l'importanza dell'alchimia di coppia", la preponderanza di un'intesa simbiotica tra due personaggi ed attori belli e perfetti proprio mentre appaiono insieme: un'armonia che esplode improvvisamente e contro ogni piano o previsione, baci travolgenti e sexy, bocche che si incrociano, si mordono, volto virile dal pelo sfatto di lui, volto levigato ma deciso di lei: la passione senza freni tra un agente segreto dell'ex KGB (Jean Dujardin) e una dinamica e scaltra operatrice di borsa del principato di Monaco (Cécile De France) che li travolge facendo passare in secondo piano la storia tutta intricata ma pure avvincente, costruita ad incastro per stanare un magnate della finanza russo (quel nanetto, agghiacciante tanto è bravo a fare il cattivo, d'un Tim Roth) che cerca di riciclare denaro sporco mediante la sua filiale nel piccolo stato indipendente. Un reame che ci appare all'improvviso già nelle prime sequenze panoramiche, incastonato tra le rocce aguzze della meravigliosa Corniche che sfidano in altezza e possenza gli spericolati grattacieli a picco sul mare.   
La vicenda è frutto di un complicato sotterfugio dove ognuna delle parti (e sono piu' dei tre menzionati) cerca di nascondere ciò che sta facendo agli altri per raggiungere il suo obiettivo. Logico aspettarsi colpi di scena, alcuni sin troppo forzati o forzosi, proprio quando l'operazione in generale viene denominata appunto con quel "Mobius" del titolo per intendere una figura geometrica senza un fronte e un retro, multiangolare o proprio senza spigoli che quando la percorri ti consente di trovarti nel lato opposto di dove sei partito senza staccarti da lei (sembra difficile da capire ma nel film la spiegazione, quasi matematica, è come una dimostrazione scolastica di geometria e risulta alla fine una delle cose più chiare di tutta la complicata vicenda): a significare che le trame sono molteplici, che ognuno si allea con un'altro ma in fondo ciascuno cerca il suo tornaconto a scapito degli altri.
Almeno fino a quanto non scatta quella scintilla tra i due bei protagonisti che li spinge l'uno nel letto dell'altra (o viceversa), provando dopo molto tempo (soprattutto lei, fino a quel momento e da parecchi anni - si intuisce - tutta dedita al lavoro e alle complesse strategie per prevenire i mercati e lucrare su questo anticipo) quel brivido di piacere che ormai pareva sopito per sempre in una frigidità utile alla professione, ma molto meno alla vita privata.
Eric Rochant, redivivo dopo anni (almeno per quel che attiene ciò che di lui è stato possibile vedere da noi) è uno che di spie se ne intende e lo ha già dimostrato egregiamente ("Storie di spie", non male, in pieni anni '90). La sua direzione è sicura e plausibile anche in territorio monegasco, così facile a favorire passi falsi o folklore da cartolina d'altri tempi. Ma la scintilla, come dicevamo sopra, è fatta scattare dalla coppia sexy Dujardin/De France, belli e fatti uno per l'altra tanto da rendere accettabile (e forse pure auspicabile) un finale melodrammatico e da fotoromanzo che a questo punto non ci vergognamo proprio di digerire alla perfezione nonostante l'improbabilità della situazione, che ricorda certe trame al limite del grande Douglas Sirk.
Uscito oggi in Francia, il film si apprezza ancora di più visto nella cornice nizzarda così prossima alle vicende rocambolesche e improbabili (ma poi non più di tanto se ci pensiamo bene, almeno per quanto riguarda il riciclo di denaro sporco) che costituiscono una spina dorsale un po' coriacea ed indigesta, salvata come già detto dalla presenza di un cast così azzeccato ed ispirato.
Che facciano girare a Rochant pure il teso ed appassionante "Io uccido" dal folgorante esordio letterario di Giorgio Faletti, da anni in predicato per una trasposizione, e con la medesima ambientazione extralusso, un po' da favola, un po' da principato.

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