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Se chiudo gli occhi non sono più qui

Regia di Vittorio Moroni vedi scheda film

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La recensione su Se chiudo gli occhi non sono più qui

di gaiart
8 stelle

Se chiudo gli occhi non sono più qui di Vittorio Moroni

 

 

POETICO, COLTO RACCONTO DI KIKO E DI UN PADRE MANCATO

di Gaia Serena Simionati

 

Pà, a cosa servono le stelle? A proteggere i ricordi  

 

Prima di sapere una cosa, devi sapere perché la vuoi sapere. 

 

Con queste due frasi potenti e nette si delinea il taglio del film. Colto, sagace, poetico. Presente nella sezione Alice nella città, Moroni colpisce con unione di voci fuori campo che dispensano frasi uniche, unite a immagini di grande fotografia, spesso zen.

Intriso di filosofia, astronomia, fisica quantistica, discipline profuse con totale amore dal bravissimo Giorgio Colangeli che, nel film da un otto gennaio, il giorno maledetto in cui gli viene comunicato che ha un tumore inguaribile, decide di prendersi cura di un ragazzino orfano.

Kiko, di origine filippina, non conosce il mistero di quell'uomo sbucato dal nulla che lo protegge, lo incoraggia e gli dona quell'amore anche per il sapere che solo il padre defunto aveva saputo convogliare.

In realtà, il vero sostituto paterno in famiglia con cui fare i conti è (il bravo) Beppe Fiorello, nuovo compagno della madre, un uomo grezzo che è l'opposto di Kiko, per sensibilità e cultura, con cui si sviluppa solo non amore: litigi, fughe, botte e discussioni.

È un film con diverse tematiche intrecciate: a partire da quella della consapevolezza della cultura, che rende liberi, quella che manca oggi in Italia, il tempo e la voglia della ricerca e del sapere, che hanno reso grande il nostro paese.

E’ un tema anche la paternità mancata, nel senso di assenza fisica (un padre morto) o presente, (vivo come Fiorello), ma assente nell’energia e nella volontà di darsi. O, come con Colangeli, di sostituta paternità nel senso latino di pater familias, colui che dispensa conoscenza, il custode delle memorie degli antenati, nonché del fuoco domestico, accanto al quale si venerano gli dei della famiglia. Questo è poi quello che Kiko fa, dentro ad un autobus dismesso, suo rifugio e reliquiario di ricordi, per sfuggire alla solitudine.

 

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