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Still Life

Regia di Uberto Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Still Life

di Kurtisonic
8 stelle

Si conquista un piccolo premio nella sezione Orizzonti di Venezia 70, ma è davvero meritato. Still life è un film delicato e malinconico, che riesce a mescolare solitudine, ironia e cinismo, per fare scaturire in fondo un’inaspettata vitalità. Non è certo di azione che parlo, ma quello che esprime la storia, interessante, attualissima e con un protagonista costantemente voltato all’indietro incapace di vedere altro che il passato. Still life rilascia anche un notevole senso di commozione che forse se un po’ più controllata avrebbe impreziosito ulteriormente la lucidità e la luminosità che la narrazione assume. John è un anonimo impiegato comunale, si occupa di organizzare il funerale e la tumulazione di persone decedute che non hanno nessuno che si possa più curare di loro. John stesso vive una solitudine estrema e la dedizione e l’applicazione con la quale svolge il suo lavoro è come rivolta a sé stesso, a quello che presto o tardi toccherà anche a lui. La regia costruisce con John, interpretato magnificamente da Eddie Marsan, un superbo artefice dell’assunzione del dolore altrui, divino nella sua semplicità e nella sua povertà esistenziale. L’amarezza dei sorrisi che suscita non travisa mai però la realtà, e questo lo differenzia dagli eroi di Kaurismaki, quando effettua il sopralluogo nelle case dei defunti è il suo sguardo che è morto, che spegne la vita, gli oggetti e gli album dei ricordi si smaterializzano, è ancora il suo sguardo che li svuota di ogni senso reale di appartenenza. Poi a casa sua, ricompone, ricostruisce, con le fotografie e le cose che sottrae nelle abitazioni, ridefinisce un mondo, una felicità che non esiste, probabilmente lontana dalla vera vita delle persone a cui appartenevano. Si occupa della cerimonia religiosa alla quale assiste, prepara in base ai suoi reperti un discorso di commiato e una scelta musicale appropriata. Mentre viene licenziato perché ritenuto un esubero, si occupa dell’ultimo caso che modificherà la sua vita. Il regista, Uberto Pasolini ottiene da segni minimali il massimo dell’espansione, ribalta quasi spettacolarmente il nucleo del racconto e controfirma un paradossale inno a vivere, realisticamente fino in fondo, mettendosi in gioco a qualsiasi costo. Sarà determinante  la fisionomia del protagonista, in preda a microscopici cambiamenti che dimostrano come le trasformazioni del tempo e dei propri giorni potrebbero avvenire, a dispetto del tempo della morte e del lutto che potrebbero invece procrastinarsi all’infinito. Occorre aprirsi, svelarsi, guardare oltre l’ostacolo sembra dirci John, ma non c’è mai troppo tempo, il regista non è Kaurismaki… 

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