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Programmato per uccidere

Regia di Dwight H. Little vedi scheda film

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La recensione su Programmato per uccidere

di genoano
5 stelle

Superpoliziotto stanco delle Drug Wars vorrebbe ritirarsi; ma la guerra viene a cercarlo a casa... L'indistruttibile Seagal non si lascia distrarre dal voodoo, disarticola e stermina i criminali, mette a punto il suo personaggio del giustiziere-killer che studia da santone. Ma il film è poco curato, con troppa violenza e troppo poca ironia. Voto 5.

John Hatcher (Steven Seagal) è un braccio molto ma molto violento della legge che colpisce duro i narcos per conto della DEA; dopo l'ennesima missione tragica e cruenta teme di perdere la propria anima e decide di ritirarsi per ritrovare se stesso, con tanto di benedizione del sacerdote. Torna a vivere nel sobborgo di Chicago dov'è cresciuto, ritrova familiari e amici, ma scopre che la gioventù della zona viene avvelenata dalle droghe di "Screwface" (il termine indica una "faccia torva", un individuo sinistro che ti guarda di traverso, in cagnesco, con malanimo), il quale unisce all'efferatezza criminale la terrificante fama di stregone dell'obeah, sorta di voo-doo giamaicano. Come Giona John penserà all'inizio di starsene in disparte, di lasciare ad altri questa battaglia; sarà però costretto a combattere e a tornare a versare sangue, comprendendo di essere, in fondo,"marked for death", segnato, destinato alla morte; il titolo americano del film, tradotto in Italia con "Programmato per uccidere", (non del tutto fuorviante ma un po' da cyborg-movie più che da poliziesco), non sta a mio parere tanto ad indicare che il protagonista sia in un pericolo mortale da cui sarà arduo salvarsi, quanto la sua ineluttabile sorte-missione, il suo tragico destino di combattere i malvagi sino alle estreme conseguenze; non potrà mai essere un uomo buono, non avrà mai la pace e la serenità a cui anela ma resterà per sempre coinvolto e segnato dalla violenza e dalla morte. Lo spunto del film rimanda ad alcuni personaggi dello western classico, come i cow-boys tormentati a cui diede spessore James Stewart nei film di Anthony Mann; ma questi aspetti più fini suggeriti dal soggetto non vengono compiutamente sviluppati, e la vicenda, svolta con una certa ruvidezza narrativa, è quasi unicamente al servizio dell'azione e dell'abilità di Seagal nelle arti marziali. Tutto è troppo cupo e serioso, la violenza è esagerata e quasi mai stemperata da momenti più distesi. Persino il cammeo del mito del reggae giamaicano Jimmy Cliff, che si produce nel trascinante e apparentemente allegro motivo "John Crow", è molto più sinistro di quanto potrebbe sembrare; la canzone infatti racconta di un avvoltoio (così viene chiamato nel gergo giamaicano) che si prepara a gustare il suo pasto, preannunciando la crudezza dello scontro finale tra Hatcher e Screwface.

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