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Star Trek Into Darkness

Regia di J.J. Abrams vedi scheda film

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La recensione su Star Trek Into Darkness

di Tato88
8 stelle

J.J. Abrams, ultima frontiera della fantascienza. Eccovi una nuova straordinaria opera dell’autore di “Lost” e “Super 8”, diretta all’esplorazione di emozionanti, nuove forme registiche e narrative, fino ad arrivare laddove nessun cineasta è mai giunto prima.
Ok, forse quest’ultima affermazione è un po’ esagerata, a meno che non ci si riferisca al suo estenuante e rinomato uso dei Lens Flares. Ho però voluto iniziare la recensione con questa rivisitata citazione della serie televisiva per definire immediatamente l’approccio principale di J.J. al film: omaggiare nostalgicamente e rinnovare con garbo. Il film, come è stato dichiarato dai produttori (e quindi anche dal regista che vi ha partecipato con la sua Bad Robot),  è rivolto principalmente a degli spettatori che non siano necessariamente fan di Star Trek [Certo, si dà per buono che si sappia almeno chi sia Leonard Nimoy, che si abbia sentito almeno una volta l’espressione “lunga vita e prosperità” e il titolo “L’ira di Khan” (questo sì che è un Villain, capito Shane Black? D:<), si conosca il saluto vulcaniano e magari si sia vista la clip della morte di Spock (io l’ho fatto poco fa su youtube, vi suggerisco di dargli un’occhiata). Tutte cose che rientrano nella definizione di cultura generale, insomma]. Tuttavia anche quell’altra fetta, presumibilmente meno numerosa, si potrà ritenere più che soddisfatta (io credo proprio che si sbaveranno addosso dalla figaggine).
Si comincia con un prologo spettacolare su parecchi livelli. Ritmo, montaggio, colonna sonora (questa in particolare davvero straordinaria anche nel resto del film, opera dell’immancabile collaboratore di Abrams e mezzo-nostrano Michael Giacchino, che dà il meglio di sé soprattutto con la rielaborazione del tema principale della serie classica e con il tema di Khan, che similmente a quello di una altro villain come Bane esplode grazie a dei potenti cori), stereoscopia, effetti speciali, scenografia, fotografia, suspense e tutti gli altri kinemi che vi vengono in mente iniziano sin dalla prima inquadratura a sparare emozioni a raffica sullo spettatore e non lo lasciano sino alla comparsa dell’imponente titolone del film, epico come l’inizio del precedente episodio. Dopodiché il regista invece che limitarsi a ricaricare semplicemente l’arma e proseguire diretto su questa strada pressoché sicura, decide di mettere via la pistola e prendere un bazooka. Ma “Into Darkness – Star Trek”, da buon parto di J.J. Abrams, non è solo azione. La stessa storia è emozionante e avvincente, soprattutto grazie alle profondità non banali di tutti i personaggi principali (Kirk, Spock e Khan) che destano compassione per le loro tormentate esistenze. In realtà mi sto riferendo in particolare al ruolo di Benedict Cumberbatch, che come promesso dal marketing ci regala una performance davvero straordinaria (livelli da nomination agli Oscar, se solo il film fosse uscito dopo settembre…). E anche Zachary Quinto, soprattutto verso la fine, fa venire qualche brivido.
Tornando alla regia, il futuro collega di Lucas, Kershner e Marquand, si è dato davvero da fare per non rendere stereotipata o banale nemmeno un’inquadratura. Ma al contrario, l’occhio attento dello spettatore cineasta troverà sempre qualcosa di buono da imparare in ogni scena: piccoli long take, campi/controcampi non simmetrici, primi piani intelligentemente sbollati, transizioni che combinano tendine con raccordi sul movimento (non è roba da poco, eh? Il ritmo che ne risulta è incredibilmente incalzante!)… E le numerose sub-scene d’azione (ovvero quei piccoli episodi di suspense in cui il protagonista è appeso ad esempio ad un dirupo e sembra stia per morire da un momento all’altro e che immancabilmente si salva sempre per il rotto della cuffia), sebbene siano elementi puramente attrazionali e privi di scopo narrativo, sono talmente ben realizzati e amalgamati nel ritmo del film che per una volta si possono anche lasciar perdere le questioni morali. La sceneggiatura, infine, è davvero ben scritta, al punto che non vi sono mai cali di tensioni percepibili, ma al contrario si è vittima di un aumentare incessante di suspense che, come un ottovolante che termina in un’adrenalinica discesa, culmina solo con l’ultima inquadratura con taglio in nero. Un piccolo epilogo invece, coadiuvato dall’ottimo 3D, contribuirà infine a spappolarvi definitivamente occhi e cervello.
Come dicevo, mi sono approcciato al film non da fan di Star Trek, bensì da fan di J.J. Abrams (quello cinematografico più che televisivo). E non mi ha deluso. Al contrario, ha riconfermato la mia benedizione per il suo prossimo progetto Disneyano (oh mammina santa…).

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