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The Canyons

Regia di Paul Schrader vedi scheda film

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La recensione su The Canyons

di ROTOTOM
8 stelle

Quando un film nella sua struttura sintattica espone il senso del film stesso, allora siamo di fronte ad un buon film. L’operazione intellettuale di riassumere un tema, come quello della morte del cinema inteso come luogo di fruizione dello spettacolo cinematografico nonché nella sua produzione ormai slegata da qualsiasi elemento artistico e romantico, è operazione che a Paul Schrader riesce con lucidità e consapevolezza.

Non c’è traccia dello scrittore viscerale, dalla potente morale di Taxi Driver o della disperazione della visione  dell’abisso di Hardcore.  Quel cinema che si proponeva di riscrivere i canoni estetici della narrazione cinematografica, era la Nuova Hollywood che  prendeva a prestito il linguaggio e la forza espressiva della strada, la violenza animale, la passionalità carnale della vita che vi brulicava.



In The Canyons  Schrader  inizia il film con inquadrature di cinema dismessi,  si affida al grande scrittore Bret Easton Ellis per la sceneggiatura, il quale riduce i dialoghi a frasi plastificate da soap opera intrise di un cinismo inerte , sceglie come attori paradigmatici una Lindsay Lohan attrice più nota per le sue disavventure legali che per meriti artistici, ragazza gonfia  e un tantino sfatta ma dotata ancora di un corpo attraente  sul quale scivola con disinvoltura professionale il pornodivo  James Deen, che in quanto eroe del porno mondiale porta su di sé la necrosi di un’arte destinata a scomparire. O a trasformarsi in modo radicale.

Persone e personaggi si confondono a tutti gli effetti e i due interpreti personali portano sullo schermo l’aura della realtà della loro vita. Un gioco meta-cinematografico che accostato alle visioni continue di cinema abbandonati e distrutti diventa messaggio chiaro di sconfitta. Il cinema è ora più che mai prodotto pensato per essere usato e gettato su vari formati digitali, la pellicola è morta, le arti e i mestieri dismessi. 



Christian (James Deen) è un produttore di film , giovane carino e psicotico come da tradizione ellisiana. Tara (Lindsay Lohan) sta con il produttore per soldi e accetta le orge che lui le impone, portando sconosciuti nel suo letto e filmandola. Ci sono i buoni anche, il giovane attore che perde l’innocenza in un ricatto sessuale che sa di pratica comune.  C’è un omicidio, assurdo, brutale ma tenuto fuori campo.

E’ un film sul cinema nel quale di cinema non si parla mai, o in maniera vaga come se quella “cosa” fosse  lontana, corollario di una vita di eccessi, degrado e aridità che proprio del cinema si è nutrita per crescere e relegando il cinema da fine a mezzo. 

Film volutamente asettico e inerte, contenuto in geometrie lucide, riflettenti dove il corpo burroso della Lohan e il nudo integrale di Deen sembrano oggetti fuori posto svuotati di qualsiasi passione e ridotti essi stessi a esibizione a vantaggio di una società voyeuristica , disattenta e marcia.  Corpi intercambiabili svuotati di autenticità e personalità, mimano nel privato – non più privato – il divismo superficiale dell’immagine, slegata da qualsiasi capacità artistica.

Manca  il castigo in questa storia di delitto, la redenzione è patrimonio di un cinema classico che aveva nell’ottimismo la chiave del proprio successo. Finisce che sembra non finire, come se gli avvenimenti fossero uno stanco riverbero di un realtà demente , consolidata e bloccata nei propri schematismi.   Schrader cerca il fastidio dell’estetica, la piattezza della storia, la reiterazione seriale dei comportamenti, le inquadrature sempre a misura di tablet. Manca la profondità di campo. Le immagini scorrono “in superficie”,  scivolano come unte su architetture da soap opera.    

E’ lecito che abbia attirato polemiche , The Canyons, che sia stato tacciato di superficialità. Ma è quello che Schrader si proponeva, e per fare questo la maestria cinematografica, paradossalmente deve essere patrimonio fondamentale del regista che la usa per stimolare le emozioni negative che in effetti ha stimolato.  

L’opera di negazione si compie con la mancanza totale della morale tanto cara allo  Schrader scrittore e regista. Ovvero manca ciò che muove i personaggi nella drammaturgia, il motore delle loro azioni, che siano buone o cattive, dirette da un’etica personale.  Lucido e sprezzante, Schrader  si conferma un cineasta di primissimo livello. Da vedere.

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