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I due volti di gennaio

Regia di Hossein Amini vedi scheda film

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La recensione su I due volti di gennaio

di michemar
7 stelle

Il gioco del destino è sottile e fino all’ultimo Amini ci tiene in ansia e bisogna attendere un finale movimentato per sapere chi salverà la pelle e la reputazione. Dopo una buona parte del film a respirare la salsedine dell’aria greca, ci troveremo a correre per le stradine di Istanbul tra fumo di tabacco e profumo di the, con l'epilogo.

Dopo varie sceneggiature scritte per altri registi e su argomenti ben diversi l’uno dall’altro, quindi mai inquadrato in un solo tipo di soggetto, l’iraniano Hossein Amini si siede sulla poltroncina da regista, forte della notorietà acquisita dallo splendente e vibrante Drive di Refn, film con cui non c’è alcun elemento in comune (a dimostrazione della sua variegata produzione) tranne che per la presenza dell’attore Oscar Isaac che fu la rivelazione del film del regista danese. La pellicola è basata sul romanzo della nota giallista Patricia Highsmith, fonte di ispirazione per altre opere cinematografiche come nel caso de L’altro uomo di Hitchcock, della trilogia di Mr. Ripley e soprattutto del bellissimo e ingiustamente trascurato L’amico americano del miglior Wim Wenders. Da notare che uno dei produttori esecutivi è l’attore Max Minghella, figlio del compianto Anthony che fu il regista appunto – e il cerchio si chiude – de Il talento di Mr. Ripley.

 

Viene quindi da sé che tutti definiscano i film derivati dai libri di questa scrittrice come appartenenti al genere thriller o noir, ma l’atmosfera che ha saputo creare il regista Amini in questa occasione mi spinge piuttosto, forse in maniera romantica e affettuosa, a definirlo un “giallo”, come i vecchi tempi. Infatti guardando questo film si viene trasportati sapientemente negli anni ’60 e non è solo merito (sarebbe stato troppo semplicistico) degli abiti chiari degli americani in vacanza d’estate in Europa o dell’ambientazione temporale, ma è proprio il tocco di patina che ha aggiunto sia il regista che il direttore della fotografia Marcel Zyskind che ci fa volare nel tempo, caratteristica che parte della critica giudica come elemento non positivo. Invece secondo me sono proprio questa patina e, aggiungerei, lo stile della regia che hanno potuto creare quella atmosfera che ricorda i “gialli” di una volta. Anzi, ho provato nettamente la sensazione di stare a guardare un film “degli” anni ’60 ed è per questo che trovo pretestuose le polemiche riguardo il lavoro effettuato in merito, che giudico invece riuscito.

 

Per quanto riguarda l’aspetto dei contenuti, è interessante il tipo di rapporto che si instaura tra i tre protagonisti americani della trama perché è sì un triangolo, figura geometrica abusata e sfruttata in questo modello di storie, ma non è il classico triangolo e il perché è presto detto. Chester ama molto Colette e ne è molto geloso ma, senza volerlo, le farà veramente male; intanto, anche se con molta diffidenza, si metterà nelle mani di Rydal per tentare di salvare se stesso e il suo denaro. Colette ama suo marito ma è stanca dei problemi che lui da sempre si trascina dietro a causa dei suoi affari e intanto l’attrazione verso Rydal è forte e condizionerà il futuro dei tre. Rydal, dal canto suo, sin dal primo incontro guarda con occhi particolari Chester, vedendo in lui il padre che non ha mai avuto, e un po’ per bisogno, un po’ per non perdere Colette si accoda alla coppia per aiutarla nella loro migrazione forzata. Come si può notare non è il solito triangolo amoroso che esiste in tutte le storie passionali, è piuttosto una figura geometrica solida tridimensionale, dove ogni vertice-personaggio scambia sentimenti o interessi personali con gli altri due. È un triangolo a doppia mandata, che ovviamente a seconda dei momenti, della evoluzione degli avvenimenti e degli ostacoli da superare si rafforza o si allenta rischiando l’implosione. L’aspetto psicologico preponderante rimane comunque la relazione tra i due uomini che nasce quasi per bisogno, l’uno vede nell’altro il padre e l’altro vede il figlio che manca nella sua vita, fermo restando che sono due uomini uguali e diversi. Il giovane è un piccolo imbroglione che tira a campare con qualche espediente in Grecia, dove è andato a vivere, l’altro è un truffatore finanziario di alto livello che stando in Europa gira al largo da chi lo vuol rintracciare.

 

Viggo Mortensen, Kirsten Dunst, Oscar Isaac

I due volti di gennaio (2014): Viggo Mortensen, Kirsten Dunst, Oscar Isaac

 

 Il gioco del destino è sottile e fino all’ultimo Amini ci tiene in ansia e bisogna attendere un finale movimentato per sapere chi salverà la pelle e la reputazione. Dopo una buona parte del film a respirare la salsedine dell’aria greca, ci troveremo a correre per le stradine di Istanbul tra fumo di tabacco e profumo di the, dove la vicenda troverà l’epilogo.

 

Viggo Mortensen

I due volti di gennaio (2014): Viggo Mortensen

 

Se Oscar Isaac se la cava degnamente nel ruolo del giovane Rydal, la bionda Kirsten Dunst, figlia di un medico tedesco e di una gallerista svedese, è ormai una vera donna, matura e più bella che mai ed è perfetta nel ruolo della signora Colette MacFarland. Discorso a parte per il big del cast, un Viggo Mortensen assoluto mattatore del film, padrone del campo con i suoi sguardi obliqui che cercano di tenere tutto sotto controllo, a 360 gradi, ben consapevole, nei panni di Chester MacFarland, che prima o poi la sua fuga avrà una fine e i conti si dovranno regolare.

 

Viggo Mortensen

I due volti di gennaio (2014): Viggo Mortensen

 

In conclusione un buon film, molto interessante e ben recitato, dove la regia attenta e ispirata da lampanti e non nascoste allusioni al clima del brivido giallo di Hitchock merita un giudizio positivo. Da non trascurare il bel commento musicale di Alberto Iglesias che – state attenti – ricrea la torbida atmosfera di Vertigo: fateci caso, sembra che da un momento all’altro la pettinatura ondulata anni ’60 della bionda Colette possa trasformarsi in un giro vertiginoso di capelli biondi dietro la nuca.

 

Kirsten Dunst

I due volti di gennaio (2014): Kirsten Dunst

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