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The Wolf of Wall Street

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Wolf of Wall Street

di lamettrie
10 stelle

Un film encomiabile, per me. Un vero capolavoro. È una provocazione in cui il messaggio passa benissimo: alla prova dei fatti, dopo averla vista da vicino, non può essere questa la scelta di vita che vorrei fare io. Questi personaggi hanno tutto quello che speravano, ma sono così squallidi dal punta di vista umano, e appaiono dentro di sé tristi, che non posso che indignarmi del fatto che questi possano essere classe dirigente, del fatto che questi possano arricchirsi invece che essere rieducati tramite un carcere giustamente severo.

Tutto parte dalla concorrenza: Jordan vuole essere il padrone del mondo, non avere limiti. Per farlo ha bisogno di un esercito di leccapiedi che siano come lui: dei killer.

Ma per raggiungere tale scopo, volendo ignorare le conseguenze negative di tutto ciò che si fa agli altri, non è possibile restare sobri, normali: sono necessarie le dipendenze. Sesso senza affetto, droghe, psicofarmaci, farmaci, alcool sono i compagni inseparabili dei protagonisti. Le tinte grottesche con cui ammettono di non poter rinunciare a tali dipendenze mostrano l’aspetto indesiderabile di tale scelta, rimarcato dalla conseguenza sui loro rapporti affettivi reali: tali rapporti sono tutti orrendi, votati sin dall’inizio al disastro, con tutto ciò che emotivamente ne segue.

Collegato a questo, inevitabilmente c’è la scelta della falsità e della doppiezza, reso in modo perfetto nel film in una miriade di particolari: i protagonisti promettono, per il loro tornaconto economico e di potere, cose che sanno che non vorranno mai dare. In questa amoralità rientra come perfetto corollario l’offesa degli onesti e delle persone che non vogliono apparire diverse da come autenticamente sono, dei poveri e dei brutti che sul momento non hanno alternative ma che in realtà non hanno motivi per essere condannati moralmente.

Altro corollario è il disprezzo delle regole, inequivocabilmente riassunto nel gesto di pisciare sull’avviso di garanzia, nonché sulla omertà che equipara tutti questi grandi arricchiti ai loro omologhi mafiosi, ugualmente arricchitisi a dismisura.

Il tutto è condito dai tribalismi di fondo che accompagnano i riti delle motivazioni individuali di questi broker: riti tutti privi di qualunque logica e motivazione umanamente accettabile, in un primitivismo che accentua la lontananza da stili di vita che siano radicati in un profondo e serio auto equilibrio mirato alla propria autentica felicità, nell’accettazione dei limiti imposti dalla realtà e dal tentativo di trovare i modi della propria gioia all’interno di tali limiti.

La parodia del sogno americano è riuscitissima: la classica scalata proposta dall’industria cinematografica Usa è qui ribaltata, mostrata come irreale, proprio perché è surreale la speranza che tutto vada bene senza dover incorrere in gravi intoppi, che in realtà sono conseguenze inevitabili di quel genere di consapevole condotta. Infatti “i nodi vengono al pettine”, come dice il padre a Jordan e come accade nel film. E il registro comico e grottesco del film mostra la falsità di tale cliché americano, proprio mentre usa gli stessi mezzi della narrazione delle serie tv. Il che, fra l’altro, ha il pregio di smussare tanta drammaticità delle precedenti simili pellicole di Scorsese, che qui trova dei mezzi di espressione più leggeri, e quindi ancor più adatti a fare passare il proprio messaggio che comunque resta chiaramente critico e fortemente indignato.

Il finale è amaro e realistico al tempo stesso: Jordan, dopo una breve detenzione, rimane un modello da imitare per molti, e continua a proporsi come venditore, anche se in realtà si vede che vende solo fandonie che fanno del male a chi le compra. Insomma, delinquere conviene, perché con i soldi Jordan ha potuto garantirsi l’iscrizione a un club ristretto che permette, di fronte alla legge, di rendere legale ciò che è illegale, tramite delle leggi fatte da una politica corrotta (nel film non si vede ma è implicito, come si vede anche dalla disinvoltura nel delinquere dell’alto dirigente della banca svizzera), politica che è del tutto dipendente da tali extra ricchi. Quest’ultima è una delle tante conseguenze dell’edonismo capitalistico riaffermatosi dagli anni ’80, e non è distante dal continuo spreco di denaro e di beni di lusso che viene ostentato in faccia a un pubblico il quale, almeno nel 90% dei casi, dovrebbe avere enormi problemi a garantirsi la “sicurezza economica” che prometteva Jordan. Pubblico cui questo film però permette di avere eccezionali motivi per indignarsi e procedere di conseguenza in ambito politico.

Dal punto di vista tecnico, il film è riuscitissimo: sia nella sceneggiatura, sia nella regia, sia nella eccelsa performance di Di Caprio.

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