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The Wolf of Wall Street

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Wolf of Wall Street

di maghella
10 stelle

Ma sì, entusiasmo per questo ultimo film di Martin Scorsese, regista che amo follemente da sempre e che firma questo suo lavoro in modo inconfondibile.
Adoro Scorsese perché è uno dei pochi cineasti ad essere riconoscibile sempre per lo stile, e questo è solo dei grandi.
 
 
Quindi in questa opinione non parlerò della trama, non dirò che il film è tratto dall'omonimo libro biografico di Jordan Belford, broker di Wall Street alla fine degli anni '80, interpretato da un eccellente Leonardo Di Caprio.
In questa opinione parlerò esclusivamente di quanto mi sia divertita a vedere “The Wolf of Wall Street”. Solitamente cerco di scansare i film che superano la durata di 120 minuti, non ho più la voglia e la pazienza di stare tanto tempo seduta, inoltre ultimamente pochissime pellicole hanno saputo sostenere tale durata di tempo senza risultare noiosi.
Questo film vola... vola e diverte talmente tanto che si vorrebbe che continuasse anche dopo la fine, per sapere cosa succede ancora.
 
 
Storia avvincente, lo stile narrativo utilizzato è quello del tanto amato “Quei bravi ragazzi” o di “Casinò”: Jordan, il protagonista è in scena continuamente (senza stancare mai), circondato da altri personaggi che diventano altrettanto importanti per lo svolgimento della storia, che si snoda con divertenti appendici che arricchiscono non solo la trama ma le psicologie e i carattere dei tanti personaggi che affollano il film. Scorsese ha quindi la capacità di farci concentrare su un solo protagonista assoluto, e nello stesso tempo fa diventare protagonisti tutti i caratteristi di contorno.
 
 
Questa (rara) capacità deriva dallo studio e dall'amore che Scorsese ha per il cinema italiano, quello di Rosselini e De Sica soprattutto, e per tutta quella grande cultura cinematografica neorealista che tanto lo ha influenzato.
Scorsese ha sempre affiancato a grandi attori protagonisti dei grandi attori co-protagonisti (Harvey Keitel piuttosto che Joe Pesci), arricchendo così il lavoro del personaggio principale, cosa che succedeva a De Sica (ad esempio) ne “L'oro di Napoli” dando a Paolo Stoppa una piccola parte nell'episodio della “pizzaiola” che ha reso quello stesso episodio indimenticabile.


 
Divago tanto per preparare la sviolinata a Jonah Hill, che nel film interpreta Donnie, l'amico fidato e compagno di avventura di Jordan, l'amico “dai denti troppo bianchi e dalle lenti di tartaruga” che segue Jordan senza farsi troppi problemi, annusando l'odore di soldi che Jordan emana.
Jonah Hill incarna (anche perché adorabilmente in carne) uno stereotipo di personaggio irrimediabilmente scorsesiano (esiste un termine simile?): senza scrupoli, pronto a tutto, spericolato, infantile, divertente e necessario al protagonista perché solitamente è la causa o la soluzione ai vari problemi che la storia offre.
 
 
Jonah Hill è un co-protagonista eccezionale, accanto ad un Leonardo Di Caprio straripante, eccessivo, che non è per nulla simpatico e che pure si adora per quanto impossibile. Personalmente penso che questa sia la sua interpretazione migliore, dove maturità ed esperienza sono riusciti a combaciare con un copione adeguato e probabilmente irripetibile per questo attore.
 
 
La cosa che più mi piace nei film di Scorsese è quando con la macchina da presa si butta nella mischia, ovvero quando entra letteralmente nella scena, solitamente nei momenti di massima tensione, quando c'è la necessità della totale compartecipazione da parte dello spettatore, la macchina da presa entra in modo prepotente tra gli attori, nella scena, in un bagno di folla, quasi a farci percepire il calore, il sudore, l'odore del momento. Questo è per me “Scorsese puro”, il suo stile inconfondibile che ci trascina nelle storie più improbabili facendole sembrare reali.


 
Eppure è anche “Scorsese puro” quando ci mostra la scena dall'alto, quasi con distacco, quasi a dirci “non vi riguarda, lo so, ma guardate un po' questo stronzo con chi se la fa, con chi intrallazza, come fa all'amore”, la totale visione dall'alto se da una parte è meno coinvolgente e meno partecipata, dall'altra ci incuriosisce di più perché lo spettatore ha la visione completa che manca al protagonista, in pratica Scorsese ci elegge a privilegiati della scena, e questa è una cortesia di tale classe alla quale non si può rimanere indifferenti.
 
 
Altra cosa fondamentale per la riuscita ottimale del film sono i dialoghi, sceneggiatore è Terence Winter (sceneggiatore de “I soprano” tanto per intendersi), dialoghi definiti da alcuni troppo “volgari”, record assoluto per l'inserimento della parola “fuck”, ma che si sono sposati perfettamente alla storia, al contesto, alla natura dei personaggi.


 
Note personali: il film, per qualche miracolo, è riuscito ad arrivare nel mio paesino la sera dell'uscita con un unico spettacolo delle 21,00. Avevo un gran mal di testa, la mattina seguente sarei dovuta alzarmi alle 5,00 per andare a lavoro, ma aspettavo questo film davvero tanto, ed è così bello non rimanere delusi da chi tanto si ammira.
Sala piena, molti ragazzi al di sotto dei trent'anni: una bella e sana gioventù.
 
 
 
 
 
 

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