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Il suono intorno

Regia di Kleber Mendonça Filho vedi scheda film

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La recensione su Il suono intorno

di LorCio
8 stelle

La vita, istruzioni per l’uso e il caseggiato di Perec diventa idealmente un quartiere brasiliano in cui le storie dei personaggi s’intrecciano senza mai toccarsi davvero, attraversate dalla paura di essere violate dall’incertezza, cifra del quotidiano. Invéro qui la vita è la negazione di un’istruzione per l’uso: individui in transito a disagio con la propria regolare mediocrità, a cui è concesso un attimo di follia che quasi li bestializza per poi ravvedersi un secondo dopo, e chi si sente straordinario non può che allontanarsi dalla pazza folla. L’ossessione della protezione e del controllo è il fulcro de Il suono intorno, dramma corale che racconta la classe media brasiliana senza sfruttare facili stereotipi, lavorando sulla tensione di esistenze che percepiscono il pericolo per identificarne un senso, sia una relazione discontinua tra le pareti di una casa in cui nessuno interagisce o un rapporto occasionale in un anonimo garage, l’isolamento di chi capisce la decadenza sociale o la solitudine degli alienati alle feste.

 

scena

Il suono intorno (2012): scena

 

È nella comunicazione inadeguata tra corpi ed ambiente che il film trova la propria ragione d’esistere, nella contraccambiata diffidenza dei condomini, nei messaggi platealmente scritti sulle strade per urlare con le parole qualcosa di indicibile col suono, in una dimensione paranoica che ha a che fare più col privato che col pubblico. Eppure il pubblico è sempre privato e viceversa e la vera figura per questo film è la gabbia: se simbolicamente la madre di famiglia s’affaccia tra le sbarre della finestra per azzittire il rumoroso cane e il vecchio s’autoesclude pur pretendendo lo storico controllo del territorio, è chiaro che nessuno di questi personaggi vuole davvero uscire da questo mondo rassicurante nella sua incrollabile fiducia nel sospetto. Il suono intorno è la cronaca ovattata ed antiretorica di un gruppo che si prepara perpetuamente alla minaccia, stordito dal caos acustico e perso nell’inconsistenza delle proprie azioni: con evidenti trascorsi documentaristici qui confluiti in una visione formalmente definita (fotografia di Pedro Sotero e Fabricio Tadeu) e ostinatamente umanista, Kleber Mendonca Filho narra con lo stile in apparenza minimalista di chi affonda adagio il coltello nella ferita.

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