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Cose nostre - Malavita

Regia di Luc Besson vedi scheda film

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La recensione su Cose nostre - Malavita

di supadany
7 stelle

I tempi migliori per Luc Besson cominciano ad essere lontani nella memoria, ormai il regista francese è (principalmente) un business man cinematografico, molto impegnato come produttore e proprio da questa sua posizione prende vita questo film, tratto dal romanzo “Malavita” di Tonino Benacquista, che solo in un secondo momento ha scelto di dirigere in prima persona.

Sicuramente a realizzarlo si deve essere divertito un mondo, e questo si percepisce, per nostra fortuna, chiaramente, ma si fatica a fare un passo (almeno definitivo) più in là.

La famiglia Manzoni, è sotto un programma di protezione dell’FBI da tempo, quando viene trasferita in una nuova località in Normandia lontana da occhi indiscreti.

Ma Giovanni (Robert De Niro) non è capace di passare inosservato, pure sua moglie Maggie (Michelle Pfeiffer) si da da fare in questo senso e mentre la figlia Belle (Dianna Agron) s’innamora, nonostante tutte le precauzioni dell’agente Stansfield (Tommy Lee Jones) è una leggerezza del giovane Warren (Jonh D’Leo) a metterli in pericolo.

 

Robert De Niro

Cose nostre - Malavita (2013): Robert De Niro

 

Lontano dal cinema pensato in grande che ha caratterizzato la prima (eclatante) parte della sua carriera, se non altro Luc Besson ha di recente ritrovato un po’ di spunto, terminato il trittico “Arthur e il popolo dei Minimei” è infatti al suo secondo film che se non manifesta elevate velleità se non altro riesce a divertire sotto forma di cinema tangibile.

Mente libera e braccio sciolto, parte da un soggetto vincente, carica sulle spalle di Robert De Niro un ruolo che non poteva essere che suo e si muove veloce ed estemporaneo, come gli schizzi di violenza che fanno capolino con sottofondo heavy metal.

Procede, a dire il vero, a strappi, non trova una grande continuità nel racconto, a volte è ripetitivo (o peggio, superfluo), ma non si fa mancare scene agili e fantasiose, ad esempio quella molto scorsesiana sul viaggio del giornaletto dalla Francia alla cella del mafioso capobranco (mi ha ricordato i racconti nel racconto di “Casinò” (1995).

E soprattutto l’ultima mezz’ora è un vero spasso, a partire dall’omaggio a Martin Scorsese (qui produttore esecutivo) nel cineforum locale (duetto indimenticabile tra Giovanni e Stansfield) per proseguire con tutto il delirio successivo, sicuramente eccessivo, ma si respira aria di cinema liberatorio e solo la chiusura, non proprio definitiva (ma poteva esserlo?) torna ad avere l’aria del semplice scherzo.

Ed è importante l’apporto del cast; Robert De Niro fa la caricatura di tanti suoi personaggi del passato divertendo parecchio, la sua controparte seriosa proposta da Tommy Lee Jones, estremamente sarcastico, è perfetta e quando i due vengono a contatto l’alchimia è garantita (vedi appunto la scena al cineforum), mentre Michelle Pfeiffer è la ciliegina sulla torta ed i due giovanissimi reggono il gioco con agio.

Insomma, se non si tratta di un titolo imperdibile, ha comunque una manciata di scene da ricordare, utilizzando un profilo leggero, con virate al grottesco, e attori congeniali ai ruoli presenti.

Scanzonato ed estroverso.

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