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The Counselor - Il procuratore

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su The Counselor - Il procuratore

di maurizio73
4 stelle

Avvocato in difficoltà finanziarie e prossimo al matrimonio con una bella ragazza, si lascia coinvolgere da un suo amico malavitoso in un pericoloso traffico di droga con uno spietato cartello messicano. Qualcosa però sembra andare storto e, anche se incolpevole, i suoi diffidenti e intransigenti soci sono decisi a fargliela pagare cara...
Omaggiando esplicitamente il cinema del fratello Tony (qui produttore), alla cui prematura scomparsa il film è dedicato, il regista di 'Blade Runner' e 'I duellanti' firma un lavoro che, tra sottotesti letterari fuori sincrono e una infelice concezione del ritmo narrativo, sembra non appartenergli affatto, compresso com'è tra gli stereotipi del noir tex-mex e le verbose ambizioni del dramma predicatorio.
Viziato dall'irrimediabile scollamento tra la scrittura colta e articolata di Corman McCarthy (qui alla sua prima sceneggiatura originale) e le involuzioni di un cinema d'azione che si attarda in qualche riflessione filosofica di troppo (tutto quello che non è necessario nel cinema è purtroppo superfluo), il film di Ridley Scott oscilla tra la banalità di un insipido dejavù e le irritanti provocazioni di un moralismo d'accatto, laddove i personaggi sembrano rispondere alle pretestuose logiche di un gioco al massacro, figlio degenere dell'avidità e della stupidità umane e dove solo la geometrica perfezione di una mente criminale consente all'individuo di sopravvivere e prosperare. Privo dell'ironia cinefila e della sapienziale gestione dei meccanismi narrativi del cinema di Tarantino, questo film di Scott ne riprende in parte tematiche e riferimenti colti (dall'articolata interrelazione dei personaggi al gusto macabro per il noir, dallo spietato armamentario dei 'mille trucchi dispensatori di morte' alle citazioni dell'immaginario narrativo americano come nella fantasiosa e sconcertante decapitazione di 'Bare intagliate a mano' di T.Capote), ma finisce per disinnescarse il potenziale tragico con la sistematica contaminazione tra azione e riflessione; laddove la prima latita o appare frammentaria la seconda fa capolino imprevista e inopportuna nelle ridicole discettazioni filosofico-letterarie di spietati trafficanti-Maître à penser.
Attori decisamente fuori parte tra l'avventatezza dello sprovveduto avvocato del bel Fassbender e la cinica indolenza della spietata femme-fatale interpretata da una crudele Cameron Diaz.
Resta un senso coinvolgente del racconto nero dove sesso,droga,potere,denaro e morte sembrano avviluppare e contaminare irrimediabilmente le vite dei personaggi e segnarne il tragico destino: impressione sbagliata e fuorviante che dovrebbe convincerci a spegnere il telecomando ed aprire le pagine di un buon libro di Corman McCarthy, ma soprattutto a farci capire che le sceneggiature è meglio farle scrivere ai professionisti del settore.

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