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La bicicletta verde

Regia di Haifaa Al-Mansour vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La bicicletta verde

di Kurtisonic
8 stelle

Rilevante esordio della prima regista donna dell’Arabia Saudita. E’ alla condizione femminile, ai retaggi culturali che ne condizionano l’esistenza che La bicicletta verde è dedicato, il cui titolo originale è Wadjda, la ragazzina intraprendente e determinata che desidera avere la bicicletta. La rappresentazione è lucida e accorata, non concede nessuna attenuante, nessuna giustificazione a comportamenti, modelli culturali che si scontrano con l’inevitabile intrusione materiale e comunicativa che attraverso i  media tecnologici  grazie ad un discreto stato di benessere penetrano all’interno delle case. Se la veste pubblica è completamente subordinata al rispetto dei severi dogmi religiosi fortemente repressivi rispetto alla libertà e ai diritti delle donne, fra le mura di casa la situazione cambia radicalmente, l'accesso alla modernità  è praticabile ma si misura e si confronta con il bisogno di affettività e di relazionarsi che sembra però restringere il campo al solo genere femminile. Wadjda manterrà vivo il suo anticonformismo, tradurrà il suo desiderio attraverso la sua ferrea volontà, e se  facciamo una lettura semplificata della vicenda si può definire come il film offra un’indicazione positiva di riscatto delle nuove generazioni che fa ben sperare, ma non solo. Oltre a lei,( e non sono le altre donne deputate alla formazione e all’educazione delle giovani divise fra ipocrisia e integralismo) il soggetto centrale del film ruota sull’altra figura femminile determinante, la madre. Quest’ultima, in quanto adulta, può vivere in pieno la completezza e la complessità del peso di un’esistenza segnata, sente il proprio animo diviso fra valori e sentimenti in aperta opposizione. La bella madre di Wadjda è diventata sterile e non può più generare quel figlio maschio che la cultura locale ritiene essere il vero fondamento sociale. Il marito è alle prese con i preparativi di un nuovo matrimonio in quanto la poligamia è in uso, generando nella donna uno scollamento e una sofferenza interiore considerevole, accompagnati dall’ancora evidente innamoramento verso l’uomo. Se risulta accettabile che l’unica risposta pubblica di fronte a tale situazione sia quello di rompere gli schemi che impediscono alle donne non solo di guidare qualsiasi mezzo favorendo invece l’acquisto della tanto sospirata bicicletta verde e soddisfare il desiderio di Wadjda, è sul fronte privato e ideologico che la soluzione non convince fino in fondo. Nella pratica il comportamento della madre realizza un’adesione ad una scala di valori conforme ai modelli esterni capitalistici dove il traguardo del possesso materiale compensa la qualità dei rapporti umani. Se  è concepibile il gesto(rivoluzionario ma anche di complicità affettiva) fra madre e figlia, non è altrettanto supportato da una figurazione drammatica dello sviluppo dell’azione della donna, che resta compressa, fragile e indifesa rispetto alla ritualità sociale che la colpisce nel privato. Quello che manca a La bicicletta verde per essere un mezzo capolavoro  è la manifestazione di un gesto fra le mura di casa che sottolinei il  disagio esistenziale e tutta la sua frustrazione ben lungi dall’esaurirsi. Riducendo tutto il messaggio del film al soddisfacimento materiale senza un adeguato supporto morale  si lascia un vuoto narrativo che confina parecchio la sua portata. Fa molto scalpore che in Arabia Saudita non esistono sale cinematografiche, il film sarà visto solo in DVD, forse ci stiamo arrivando anche qui, con lo stesso inquietante silenzio che avvolge quelle donne velate dalla testa ai piedi.  

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