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Keep Smiling

Regia di Rusudan Chkonia vedi scheda film

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La recensione su Keep Smiling

di OGM
8 stelle

Continuate a sorridere, please. Siete in televisione. In questo show si nasconde la vostra unica speranza di felicità. Dieci mamme georgiane partecipano ad una gara nazionale. Il premio in palio è costituito da una somma in denaro e da un appartamento. Per aggiudicarselo, bisogna dimostrare di essere la migliore: la più bella, la più simpatica, la più brava. Per chi proviene dalla disperazione, quello è molto più di un gioco. Così l’amarezza della quotidianità irrompe nella scena, sul palco e dietro le quinte, in un crescendo di rabbia, di invidia, di rancore. Il mondo di Gvantsa, di Irina, di Inga, di Tamuna non si lascia sbattere fuori dalla porta: la sofferenza è parte ineliminabile delle loro storie, ed è la motivazione che le ha spinte ad essere lì, ad esporsi al pubblico reprimendo la vergogna, a rivaleggiare aspramente per futili motivi. Il loro dramma mostra come si possa essere schiave delle lusinghe mediatiche della modernità pur avendo sperimentato, sulla propria pelle, il dolore primitivo derivante dalla miseria, dalla barbarie, dal degrado sociale ed economico. Lo squallore della guerra civile, dei campi profughi, delle famiglie ammassate in alloggi di fortuna, della solitudine di madri vedove, continua nella frivolezza delle esibizioni davanti alle telecamere, dove lo spirito cinico del reality si mescola con il grottesco luccichio delle favole romantiche. Il lungometraggio d’esordio della regista Rusudan Chkonia è desolatamente sincero, nel mettere a nudo la struggente (ig)nobiltà di chi tenta il tutto per tutto al fine di migliorare la propria condizione:  donne semplici, già abbondantemente strapazzate dalla vita, si arrabattano nell’inseguimento di un sogno artificiale, creato a tavolino, che è un’allegra finzione per chi guarda, ed una pietosa illusione per chi è impegnato in quello sconcertante agone. Un manipolo di disgraziate  si contendono l’ultima ancora di salvezza, portandosi dietro una buona dose di naturale stupidità ed avventatezza: le adulte prendono sul serio un’impresa da bambine, finendo per combattere, con le pericolose armi dei grandi, una battaglia dal carattere infantile. La durezza, maturata in anni di sventure, ed applicata ad un contesto di superficiale intrattenimento,  si trasforma in un’energia aggressiva, che si sente finalmente libera di scorrazzare, dando sfogo ad antichi desideri di rivalsa. Tutte le regole saltano, a cominciare da quelle stabilite dal copione o scritte nel contratto, ed è così che nasce la storia vera: un amalgama di legge dello spettacolo e di ribellione morale, di opportunistica obbedienza e di selvaggia istintività. Invidie, smanie e gelosie appartengono al mondo delle grandi star come a quello delle signore nessuno, protagoniste improvvisate di una fiaba che non c’è: il successo è un miraggio in grado di far perdere la testa, a chi lo ha raggiunto e lo custodisce come un vezzo, ma anche a chi ne è ben lontano, e lo rincorre come una estrema necessità. Nella conquista di questo trofeo non è coinvolto alcun tipo di eroismo, ma, tutt’al più, il sovrumano sforzo di mantenere, ad ogni costo, un’apparenza di gioiosa soddisfazione. Bisogna non smettere mai di cantare, ballare, anche quando non ci si crede più, e la falsità è diventata una pretesa insostenibile. Una vera e propria crudeltà.

 

Questo film ha partecipato, come rappresentante georgiano, agli Academy Awards 2013.

 

   

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