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Via Castellana Bandiera

Regia di Emma Dante vedi scheda film

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La recensione su Via Castellana Bandiera

di laulilla
7 stelle

È la storia di una lite per futili motivi, una baruffa rionale in Via Castellana Bandiera, a Palermo, per una questione di precedenza: quale delle due auto, che si stanno fronteggiando nella viuzza periferica del capoluogo siciliano, così stretta da consentire il passaggio di una sola vettura alla volta, indietreggerà per far passare l’altra?

 

Un piccolo problema, amplificato oltre misura dall’impuntarsi orgoglioso delle due automobiliste, ben decise a farne una questione di principio, quando basterebbe l’uso della ragione, unito a un po’ di rispetto reciproco, per risolvere rapidamente il contrattempo. Lo stallo si protrae per l’intera giornata, per proseguire la notte: le due guidatrici, nonostante il caldo soffocante dell’estate palermitana, resistono eroicamente nelle rispettive auto in un crescendo di folli comportamenti, incuranti della rispettiva perdita di dignità.

Rosa (Emma Dante) e l’anziana Samira (Elena Cotta – Coppa Volpi a Venezia nel 2013) si fronteggiano, spinte da un sordo rancore senza apparente spiegazione.

In realtà, però, entrambe hanno un vissuto alle spalle che vorrebbero dimenticare: Rosa, palermitana emigrata a Milano, contro la volontà materna, è tornata in questa sua città solo per compiacere Clara (Alba Rohrwacher), la donna che ama, invitata al matrimonio di un amico, ma non riesce a evitare che i ricordi dolorosi si impadroniscano di lei, disorientandola e facendole rivivere il vecchio conflitto; Samira, molto anziana, quindi potenzialmente identificabile con la madre amata e odiata, è originaria di Piana degli Albanesi, ha perso la figlia trentottenne per un cancro e ora vive soprattutto per il nipote, la continuità della vita di cui le sfugge, ormai, il senso.

 

L’impasse in cui ambedue si sono cacciate e l’orgogliosa ostinazione di cui danno prova, non è altro forse che la rappresentazione metaforica della difficoltà a uscire da una difficilissima situazione: alla giovane Rosa non resta che andarsene, imboccando decisamente una via d’uscita, mentre alla vecchia Samira non resta che la morte, catartica soluzione di una tragedia troppo a lungo sopportata nel mutismo della propria incomunicabile sofferenza.

 

 

 

Il racconto potrebbe diventare claustrofobico, se si comprimesse negli angusti spazi dell’abitacolo delle due piccole utilitarie, in cui, per tutta la durata del film, vivono le due donne. In realtà, l'insolita sfida da  western, in cui si fanno coinvolgere le due “rivali”, si svolge nello scenario delle case fatiscenti che sono ai lati della via Castellana Bandiera, abitate da uomini e da donne che tutto osservano dalle finestre, guardando, commentando e scommettendo, interagendo, perciò, con le due protagoniste e dando vita, collettivamente a un grande e inconsueto spettacolo “teatrale”, di cui anche i personaggi dietro alle quinte sono parte integrante, come nelle Baruffe chiozzotte di Goldoni, che, per alcuni aspetti, possono essere ricordate a proposito di questo film.

 

Le Chiozzotte infatti hanno in comune con questa pellicola almeno tre elementi: la grottesca irrilevanza dell’accadimento all’origine dell’azione drammatica; la quinta delle case che celano al loro interno l’umanità “plebea” (secondo la definizione goldoniana), che non perde mai il contatto con l’azione scenica; la parlata vernacolare, frutto del serissimo studio linguistico che fu di Goldoni, ma che è anche di Emma Dante, altrettanto attenta all’uso di una lingua plausibile, in un ambiente, come in questo caso, sottoproletario.

 

Il tono complessivo del lavoro di Emma Dante, però, è durissimo, lontano da qualsiasi forma di goldoniana bonarietà poiché la regista, insieme alle numerose suggestioni culturali del teatro classico, porta sullo schermo carne, sangue, dolore e lacerazioni, secondo la sua visione della vita tragicamente sensuale, espressa anche con il bellissimo colore della fotografia.

Allo stesso modo, pur non mancando suggestioni della Giara pirandelliana nella rappresentazione paradossale e grottesca, siamo anche in questo caso abbastanza lontani dall’ amaro e rassegnato sorriso pirandelliano, sul quale prevale la necessità della scelta volontaristica, che tagli il nodo delle contraddizioni irrisolte. Opera colta, non facile,da vedere e da meditare.

 

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