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Leviathan

Regia di Lucien Castaing-Taylor, Verena Paravel vedi scheda film

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La recensione su Leviathan

di chinaski
8 stelle

Notte, rumori metallici e catene, instabilità visiva, gorgoglii da incubo, corpi umani rinchiusi in tute cerate, le parole sussurrate da una voce remota, ordini, guanti di plastica azzurra, una lunga soggettiva in bilico sull’abisso, uccelli bianchi nel buio che inseguono le reti issate su una nave, esplosioni di schiuma bianca prima dell’alba. Paesaggi biblici provenienti dal caos originario, in Leviathan la videocamera è un essere vivente primordiale, a volte incontrollabile, che respira per poi immergersi, in apnea, sotto la superficie acquatica, trascinata, intrappolata nelle stesse reti che i marinai usano per il loro lavoro. Tirata a bordo, viene scaraventata tra pesci che si muovo impazziti, tra sonorità liquide, mentre sbattono uno contro l’altro, rinchiusi in una vasca, in attesa della morte. In queste immagini colori, rumori e movimenti si mischiano con la stessa irrazionale frenesia.

 

Di nuovo sotto la superficie del mare, le voci ovattate di conchiglie rotte, senza respiro, le videocamere seguono traiettorie invisibili, un altro salto fuori dall’acqua, aria, un’oscurità da cui emergono altre reti, gli uccelli marini, presenze spettrali, le scie bianche della nave, poi un’altra dietro, i fari accesi, i riflessi di una realtà sconosciuta.

Quello che nasce come un documentario su una notte di pesca in alto mare diventa una allucinazione uscita fuori da qualche quadro di Hieronymus Bosch, dove le stesse creature marine assumo forme grottesche e demoniache, l’intera opera è poi accompagnata da una colonna sonora in cui i costanti rumori, a volte deformati, contribuiscono ad una percezione diversa, inafferrabile.

 

Le stesse immagini appaiono e svaniscono come improvvise visioni, in una continua trasformazione percettiva, i movimenti oscillatori della videocamera, ipnotici, la languida marea di morte nella vasca dei pesci catturati, i guanti di plastica colorati afferrano i freddi corpi inerti e li sbudellano, sangue e viscere, lame e teste mozzate. Il rosso cola, denso e viscoso, vernice infernale.

 

Il fumo delle sigarette, i volti degli uomini, le loro azioni continuano, precise, meccaniche, sicure, pesci puliti e sistemati nella stiva. I tatuaggi dei marinai, le cicatrici, la loro pelle, la videocamera rimane attaccata ai loro corpi, alle rughe, al sudore.

 

Ci si sposta sempre di più verso una dimensione astratta, sia visiva che sonora, in cui la realtà viene trascesa attraverso l’uso degli strumenti filmici, per trascinarci in un altro luogo, nelle viscere di quell’essere mostruoso che fa ribollire come pentola il gorgo e fa del mare come un vaso di unguenti.

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Il film è noleggiabile direttamente qui:

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