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Le origini del male

Regia di John Pogue vedi scheda film

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La recensione su Le origini del male

di GIANNISV66
4 stelle

Oxford, 1974: Joseph Coupland è uno stimato professore nonché studioso di fenomeni paranormali, con la convinzione che questi siano spiegabili come un accumulo di energie negative cui i “posseduti” attribuiscono un nome e un'identità che in realtà non esistono. Trovare il modo per convogliare all'esterno tali "negatività" vuol dire poter guarire i presunti "posseduti".
Reduce da un esperimento del passato su un bambino, fallito a suo dire per l'intervento della madre dello stesso, Coupland ha l'opportunità di proseguire le sue ricerche grazie ad un nuovo caso.
Quello di Jane Harper, una ragazza che manifesta i sintomi di una patologia psichica talmente violenta da non risultare curabile con le terapie tradizionali.
Jane in apparenza ha stabilito un contatto con un'entità paranormale chiamata Evey, entità che per il professore, coerentemente con le sue teorie, non è altro che un prodotto immaginario della psiche della poveretta, ricettacolo le energie negative della stessa.
I metodi di Coupland appaiono però troppo poco ortodossi al Corpo Accademico, che taglia i fondi destinati all'esperimento, e così il ricercatore è costretto a proseguire la sua attività in un luogo isolato, assistito da due studenti e da un giovane cineoperatore che ha il compito di riprendere tutti i passaggi della terapia sperimentale.
La prosecuzione della ricerca porterà il professor Coupland e il suo staff a scontrarsi con eventi che ben difficilmente sembrano spiegabili con la logica della scienza.

 

Al di là del fatto se sia lecito porsi la domanda sulla effettiva necessità di un film come questo, che va ricalcare la strada di prodotti analoghi realizzati però con ben altra capacità, resta comunque il dubbio sulla portata delle ambizioni del regista John Pogue (già sceneggiatore, tra l'altro, dell'interessante The Skulls).
Ambizioni piuttosto confuse, come si intuisce già dalla struttura del film, in bilico tra una narrazione, per così dire, “ordinaria” ed il found footage con cui sono stati realizzati, come ben sanno gli appassionati, molti film horror dell'ultimo quindicennio, a partire da quel The Blair Witch Project che ben oltre i suoi meriti (veramente limitati) passerà alla storia per aver fatto da modello a molta cinematografia “di paura” degli anni successivi (e senza aver comunque inventato nulla di nuovo).
Found footage che in questo The Quiet Ones (titolo originale, molto più suggestivo di quello affibbiatogli dai distributori italiani) si concretizza nelle riprese di Brian, il giovane operare che assiste sempre più sconcertato alle presunte manifestazioni di Jane, impaurito e al tempo stesso attratto dalla paziente.
Pogue partendo da una storia vera (premessa forse un po' troppo abusata nell'ambito horror) si ingegna per raccontare una storia di terrore con i crismi della classicità (come dovrebbe essere in una produzione marcata Hammer) con molte situazioni basate sulla paura a livello psicologico e poco sangue, dimostrando di avere mestiere e pure abilità nel creare una ambientazione adeguata a un film di questo tipo (la scelta di una casa in stato di semi abbandono in mezzo a un bosco appare assolutamente azzeccata).
Tuttavia la pellicola risulta deficitaria nella struttura complessiva, e quella incertezza già palesata, come detto poco sopra, nel fatto di restare in bilico tra un found footage (peraltro piuttosto patinato) e una tecnica più “tradizionale” si rivela pesante anche nella narrazione troppo compassata della vicenda, rasentando a tratti la noia più autentica (cosa tremenda, come già espresso dal sottoscritto in altre occasioni, per un film horror) che viene solo in parte riscattata da qualche buon colpo di scena finale.

 

Da salvare comunque le buone interpretazioni di Jared Harris nel ruolo del Professor Coupland, e di Olivia Cooke nella parte di Jane Harper.
Decisamente meno bravi gli altri attori, Sam Claflin è un Brian troppo terrorizzato (la sua recitazione appare davvero stereotipata) mentre Erin Richards spicca sì ma non per doti intepretative!
Menzione a parte per la colonna sonora, in cui fanno capolino la briosa Cum On Feel The Noize degli Slade e un remake (firmato Steven Roth) di Silver Machine degli Hawkwind.
Film non del tutto disprezzabile ma superfluo, se lo mettiamo a confronto con pellicole più o meno recenti come Sinister e, soprattutto, L'evocazione – The Conjuring, simile a questa per tematiche ma di ben altro livello qualitativo.

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