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Gli amanti passeggeri

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su Gli amanti passeggeri

di alan smithee
6 stelle

Un allegro, spensierato, sboccatissimo volo di ritorno nei pazzi anni '80 per un Almodovar che pare non aver perso per nulla (ma solo saggiamente e parsimoniosamente messo da parte per oltre un ventennio) quello smalto e quella passione per l'intrigo pazzo e scatenato, ma al tempo stesso cheto e ragionato tipico di una commedia colorata dei pastelli a cera dal gusto kitch ed infantile, ma pure esplicitamente sessuale e travolgente. Una commedia che non rinuncia a parlare apertamente di desideri inappagati, di appetiti sessuali (omosex) incontenibili, di regine del bondage con manie di persecuzione e di veggenti illibate che fiutano l'odore della morte (scambiandolo ottimisticamente per quello di scorregge); e ancora di bellissimi spacciatori-muli, che celano nel proprio culo le sostanze stupefacenti che faranno impazzire di desiderio e pure perdere ogni inibizione a tutta la business class dello scellerato volo di linea per Città del Messico della compagnia "Penis-ula" (nomen-omen...naturalmente). Una business class che viene messa al corrente di un guasto al carrello che costringe i piloti a deviare la rotta e a sorvolare Toledo mentre a terra il personale della compagnia cerca un aeroporto libero per un atterraggio di fortuna; intanto la economy-class viene direttamente narcotizzata insieme alle hostess per evitare forme di panico ingestibili.
Da quel momento gran parte dell'iniziativa rimane in balia di tre bizzarri stewart, simpatiche checche tuttofare, delle quali uno, il capocabina, non può esimersi da raccontare sempre la verità a causa di un trauma che avrà modo (o meglio cercherà più volte) di raccontare ripetutamente. E tra un balletto travolgente di "I'm so excited" da far invidia a "Priscilla" o a "La cages aux folles", un inciucio con i due piloti tutt'altro che "machos", si consuma il volo più esilarante degli ultimi anni, grazie al quale il più famoso regista iberico torna davvero a sorvolare il folle, coloratissimo e patinato mondo spensierato dei migliori anni '80: anni devastanti per il futuro incerto che contruibuiranno a creare, ma davvero travolgenti quando vissuti nell'ebbrezza e nella sconsideratezza di quei momenti.
Forte di un cast che comprende gli affezionati Javier Camara e Cecilia Roth, icone almodovariane di valore inestimabile, nonché altre celebrità iberiche come Lola Duenas e Carlos Areces (il "pagliaccio triste" dello splendido "Ballata dell'odio e dell'amore" di De La Iglesia) il ritorno di Almodovar alla leggerezza frizzantina e maliziosa anni '80 è un buon segno di dinamismo registico che sa ripercorrere le vie felici di un periodo fertile e molto rappresentativo di una carriera lunga e variegata. E se in effetti personalmente preferisco (perché più coraggioso e ostinato) un Almodovar più imperfetto ed ambizioso proprio perché nuovo come quello del penultimo thriller/horror franjuano "La pelle che abito", non posso che dare atto ad Almodovar della sua immutata capacità di far ridere, sorridere ed eccitare lo spettatore con situazioni in grado di provocare e divertire anche senza la necessità di mostrare alcunché in termini di nudità e/o scene di sesso.

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