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La variabile umana

Regia di Bruno Oliviero vedi scheda film

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La recensione su La variabile umana

di Baliverna
7 stelle

Un commissario di polizia indaga su un torbido omcidio, maturato nell'ambiente della droga e del sesso della Milano notturna. Sua figlia viene gradualmente coninvolta nelle indagini.

E' un film cupo e scuro, ambientato in una Milano squallida e inospitale. Allo stesso modo, le vite dei personaggi sono segnate dalla tristezza, dal disagio e dal malessere.
L'omicidio e le relative indagini sono in realtà solo lo sfondo di quello che è l'argomento principale, cioè il tormentato rapporto tra padre e figlia. Esso è segnato da difficoltà comunicative e dalla morte della moglie/madre di non molto tempo prima; se ne allude solo vagamente, ma la sua assenza pesa come un macigno nella relazione tra i due. La ragazza soffre, oltre che della morte della madre, anche perché fatica a trovare un dialogo col padre, forse per colpa più di lui che di lei. Infatti, l'uomo (Silvio Orlando) soffre sia la solitudine che l'ambiente gelido del suo lavoro e della città in cui vive, e non riesce ad essere un buon padre per sua figlia. Lui tormentato e taciturno, lei adolescente disagiata: dalla situazione non può venire nulla di buono. Al di là di tutte le difficoltà e le incomprensioni, tra i due si può osservare una tremula fiammella di amore e di stima, che comunque addolcisce un po' le tante sofferenze.
A margine, mi ha colpito la ripetuta inquadratura di un appartamento che si vede dal loro cortile, dove le luci vengono spente solo sul far del giorno: comunicano malinconia, e alludono ad una vita notturna, forse di bagordi e forse di lavoro, ma comunque triste.
Quanto agli attori, brava la ragazza e bravo Silvio Orlando. Quanto a Battiston, ormai sono convinto che l'attore funziona bene solo nei ruoli brillanti o lievemente caricaturali dei suoi esordi. In quei casi ha saputo dar vita a personaggi nel loro piccolo indimenticabili. Nei ruoli drammatici come questo, invece, non ha nessuna incisività.
Il film è condotto con mano sicura dal regista; solo nell'ultimia parte, secondo me, il racconto si sfilaccia un po' per alcune scelte narrative che non calzano e rompono la rigorosa unità del resto dell'opera.
In ogni caso è una pellicola ben diretta e interpretata, che fotografa il disagio esistenziale di due persone profondamente sole, e forse di un'intera città.

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