Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
L'aspetto migliore di questo film è quello di raccontare una vicenda individuale e trasferirla su un piano universale. Infatti c'è un unico piano narrativo dove noi vediamo e percepiamo ciò che il protagonista vede e percepisce. E soffre. La schiavitù vista sotto molteplici sfaccettature senza retorica, dove tale sistema sociale annulla l'individuo trasformandolo in una proprietà esclusiva, ad uso e consumo dei padroni (masters). Come in Hunger il corpo è l'elemento fondamentale che caratterizza un martirio personale e collettivo, ma diversamente dalla precedente pellicola la ribellione non è mai palesata (con l'eccezione dello scontro con Tibeats/Dano). Ciò che mette in evidenza la pellicola è la lotta per il mantenimento della propria identità (Northtup) contro l'identità fittizia che il sistema vuole imporre (Platt). Per McQueen è un'ulteriore conferma della propria bravura di regista, mantenendo una sua precisa impronta autoriale anche all'interno di meccanismi leggermente più mainstream delle pellicole precedenti. Bellissima anche la fotografia che evidenzia il forte contrasto della bellezza del paesaggio con la crudeltà della schiavitù e un uso del sonoro che esalta con il frinire incessante delle cicale una sorta di immobilismo secolare di una società arretrata. Molto parco l'utilizzo della colonna sonora, mai ridondante e presente nei momenti giusti. Tanto di cappello al cast di attori: dai ruoli principali a quelli secondari riescono a lasciare una traccia ben visibile, piccola o grande che sia.
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