Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Perché non consiglierei a nessuno di vedere “12 anni schiavo”?
Andiamo con ordine: vi è una prima parte nella quale il protagonista viene travolto dagli eventi in maniera così dirompente da lasciarci letteralmente inchiodati alla poltrona.
Poi qualcosa va storto, e dalla metà (circa) lì in poi non accade più nulla. Con ciò non voglio dire che non vi sia un susseguirsi di eventi; il problema è che questi si riducono a un mero collage di soprusi e crudeltà (più fisiche che psicologiche) ai danni dei personaggi. Non c’è più trama, non c’è plot, non ci sono risultati da raggiungere, fughe da tentare, obiettivi da perseguire, voglia di raccontare.
“12 anni schiavo” non progredisce, è statico. Il ritmo da pacato diventa lento, poi si annulla, cessando di fatto di esistere e gettando lo spettatore in un vortice di noia incessante, ravvivato solo da una fotografia che di tanto in tanto regala meravigliosi squarci di paesaggio. Un vortice sconquassato poi dalle troppe e interminabili sequenze concernenti frustate subite e inflitte, mostrate attraverso una violenza insistita, inutile, eccessiva e autocompiaciuta. Il risultato di tanta ostentazione nella truculenza è un’arroganza irritante, quella di chi esagera per impietosire e indignare, col solo esito di colpire allo stomaco senza sfiorare neppure lontanamente il cuore e l’anima.
Il nobile intento di denuncia che v’era in partenza, viene così – almeno in parte – vanificato. “12 anni schiavo” è ben girato, superbamente interpretato, ottimamente realizzato, ma ristagnante. E, soprattutto, imperdonabilmente troppo lungo.
Inoltre non aggiunge nulla di più ai molteplici film – più o meno recenti – che hanno affrontato il tema, quei tanti che riuscirono mirabilmente dove invece quest’opera del sopravvalutatissimo McQueen ha fallito (riguardarsi “Amistad” e “Django Unchained”).
E l’Oscar al Miglior Film? Probabilmente l’ennesimo buco nell’acqua di una giuria che privilegia il politicamente corretto a tutto il resto; una giuria vittima del furbo patetismo forzato messo in scena e per colpa del quale la pellicola può essere definita in un solo modo: uno sfiancante p(i)attume.
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