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12 anni schiavo

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

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La recensione su 12 anni schiavo

di port cros
9 stelle

Per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani prodotte dal razzismo negli USA, il cinema ha finora affrontato molto più frequentemente il tema della segregazione razziale che quello della schiavitù. In questo senso il film di Steve McQueen va a colmare un "vuoto" e probabilmente anche per questo motivo è stato premiato con l'Oscar come Miglior Film (premio che comunque ritengo artisticamente meritato).
Il film, tratto dal libro autobiografico dello stesso Solomon Northup, racconta la storia terrificante (e ancora più terrificante in quanto realmente accaduta) del musicista afroamericano Solomon, che vive libero con la sua famiglia nello Stato di New York finché due finti impresari non lo convincono a viaggiare verso il Sud per unirsi al loro spettacolo itinerante: questo si rivelerà uno stratagemma per rapire Solomon e venderlo come schiavo. Da questo momento per Solomon (ribattezzato Platt) e per lo spettatore inizia un'odissea lunga 12 anni negli abissi di crudeltà a cui può condurre la negazione dell'umanità dell'Altro. Solomon, passando dalla condizione di uomo libero a quella di schiavo, viene privato della sua umanità e ridotto ad una cosa, che si può comprare e vendere e di cui il padrone può disporre a suo piacimento, come rivendica lo schiavista Epps (Michael Fassbender). Oltre alle scene che rappresentano la violenza fisica sugli schiavi ( e ce ne sono di efferate, dalla fustigazione inizale di Solomon per fargli capire qual è il suo nuovo posto nel mondo a quella, quasi insopportabile da guardare, della schiava Patsey) quelle che colpiscono di più sono quelle che ci mostrano come i bianchi vedessero questi neri come "non persone" e quindi rimanessero totalmente insensibili alle loro sofferenze (ad esempio la scena in cui la padrona, informata che una schiava sta piangendo perché è stata separata dai figli, le dice con noncuranza "dimenticherai presto i tuoi figli"), e come tutto questo venisse considerato "normale" (addirittura stravolgendo il significato di passi della Bibbia per giustificare dal punto di vista religioso la brutalità e lo sfruttamento). In un contesto culturale del genere, la crudeltà trova mille modi e mille motivi per scatenarsi, dall'interesse di far "rendere" di più gli schiavi dal punto di vista economico, al piacere sadico imporre il proprio dominio sugli altri, fino alla banale gelosia di una moglie per la "favorita" del marito. Da questo punto di vista credo che il film, nonostante alcuni momenti di rallentamento, sia riuscito ed efficace nel rappresentare quale enorme crimine sia stata la schiavitù. 
Tra gli interpreti, ottime le prove del protagonista Chiwetel Ejiofor e di Lupita Nyong'o (premiata con l'Oscar), ma su tutti si staglia quella di Michael Fassbender, straordinario nel ruolo del padrone spietato Edwin Epps.

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