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Redemption - Identità nascoste

Regia di Steven Knight vedi scheda film

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La recensione su Redemption - Identità nascoste

di M Valdemar
8 stelle

La parabola del “brav’uomo” Joey il pazzo dura giusto il tempo di un’estate: sepolto nell’oblio/autoesilio alcolico da homeless nelle più torbide invisibili strettoie della Londra meno bene, risorge suo malgrado per (im)puro spirito di vendetta, aiutato dalla fortuna e tenuto in (una bolla di) vita da uno strano rapporto con un angelo travestito da suora, Cristina.
Sembra uno zombie, Joey: un’aura di morte percettibile lo circonda lungo il suo inesorabile cammino, contaminato dal Male sin dai tragici eventi e azioni orribili subite e compiute da soldato ai tempi della guerra in Afghanistan. Traumi, paranoie, incubi vividi e pulsioni irrefrenabili: la violenza è uno stato della mente lucida, una necessità, una dipendenza. Alimentata dalla forzata discesa negli inferi urbani di una città in cui il crimine non dorme mai, che abbia le naturali valvole di sfogo nei traffici di droga, danaro e di esseri umani nei lerci malfamati sobborghi, o che assuma le bieche eleganti parvenze di ricchi crudeli uomini della City.
Non arretra - perché non può - di fronte a nulla, Joey; sa cosa è diventato e cosa non potrà mai (più) essere, per questo si fa fare delle foto da consegnare alla figlioletta (un’altra vita, irraggiungibile) in cui “sembra” una brava persona. La redenzione ha la faccia deformata di un progetto di morte che va portato a termine. Senza tante cerimonie o deliri da accontentare o conseguenze da temere: l’atto è di una semplicità e di una brutalità disarmanti, che ha la felice estrema compiutezza di un volo verso il basso.
Un ultimo doveroso passo - la drammatica inconfessabile confessione con Cristina - e di nuovo l’alcool, l’oblio e uno sporco rifugio ad attenderlo, ad anestetizzare istinti maligni e seppellire ricordi troppo brutti, dolorosi.
Sempre che riesca a sfuggire alla caccia dei “colibrì” (gli Hummingbird del titolo originale) - che siano i sintomi di acute ricorrenti allucinazioni o gli occhi digitali di telecamere sparse ovunque.

Sorprendente esordio alla regia dello stimato sceneggiatore Steven Knight (suo lo script di Eastern Promises, del cui protagonista interpretato da Viggo Mortensen si notano delle affinità con quello di questo film).
Vedi nel cast Jason Statham e pensi all’ennesimo action thriller tutto muscoli, violenza e velocità.
Non è così, fortunatamente. Redemption - Identità nascoste invece è l’ennesima brillante produzione inglese (perlopiù indipendente). Sebbene il circuito narrativo non sia particolarmente originale proprio nelle traiettorie evolutive che delineano il personaggio di Joey, il film riesce senz’altro ad elevarsi dalla medietà.
Knight plasma la materia filmica modellandola con cura e con i tempi giusti, sotto le luci (e le ombre) di una visione viva, acuta, penetrante, che fornisce gli elementi utili per una rappresentazione intrisa di (f)atti crudi ed attraversata da intime (p)ossessioni spirituali, forse anche esagerate ma con un buon senso nel cogliere e restituire le istanze della psiche infetta(ta). Le esplosioni di follia, i momenti di ira, gli acidi episodi onirici, le amare battute taglienti, conducono in una condizione irreversibile che è propria anche - e soprattutto - della grande città, anima illuminata perennemente dai lampi violenti di una criminalità sempre più incontrollabile.
Eccellenti in tale senso il montaggio preciso, mai caotico, e una fotografia notturna, livida, dai dettagliati effetti cromatici, capace di immergere e far riemergere impulsi e sensazioni, (perdite di) identità e angosce collettive, banalità del male e ipocrisie del bene; il tutto sottolineato con potente, coerente varietà dalle efficacissime ficcanti musiche di Dario Marianelli (abituale collaboratore di Joe Wright che figura tra i produttori).
Infine, Jason Statham: certo, tra i tanti fantastici attori britannici attualmente in circolazione il suo nome non è tra i primi a venire in mente, comunque ne esce bene affrontando un ruolo difficile con discreta incisività. Ed è - piuttosto facilmente - la migliore performance della sua carriera.









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