Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
La Grande Bellezza è uno di quei film dei quali non puoi coglierne il significato se non lo guardi con la mente aperta alle profondità dei suoi contenuti. Sorrentino con questo film lancia un messaggio: il cinema d'essai non è morto. L'arte vive, ma ha cambiato palcoscenico. A causa delle trasformazioni sociali s'è instaurata completamente nel pensiero, dove trova sfogo e ispirazione, giovamento e disperazione. S'è ingabbiata, ma c'è, è libera, è immaginazione. Non traspare all'esterno molto di ciò che produce, perchè è diventata timida, ma quiescente, vuole ma non può, cammina ma vuole correre. Gli stimoli esterni sono tanti. Dall'orrido ed aberrante vuole emergere come luminescenza, ma a causa della sofferenza e dell'ottusità comune nel collettivo, emerge sotto forma di nascosti atti d'amore, in mezzo alla putrida verità decadente, che si autoconcepisce e al contempo avvilisce sul polveroso scenario del moderno, osceno e vuoto di esistenza. La vita quindi fiorisce nell'anima, e non trovando terreni fertili all'esterno, implode nella fede. Sorrentino ci mostra attraverso Jep Gambardella come l'istrionismo dell'uomo comune possa soffocare la purezza di un essere umano alla semplice e umile volontà di offrire il senso del sacro, attraverso il silenzio e lo scarno, nelle piazze in cui il profano abbaia e morde se stesso e ciò che non accetta come diverso dal suo ego. In quest'opera emergono i bisogni di descrivere con grande sforzo La Grande Bellezza che ci assiste nella quotidianità, e della quale non ci accorgiamo, distratti dal superfluo, ma anche il bisogno di riportare alla nostra memoria il fatto che mentre l' antico è persistito, fresco, giovane e meraviglioso, la società che ci vive in mezzo è invecchiata nello screzio dell'egoismo e dell'illusorio. La Grande Bellezza è dentro, se non la trovi all'esterno, devi smetterla di cercare, perchè ce l'hai a portata di mano.. in te stesso. Un film d'autore di notevole spessore.
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