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La grande bellezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su La grande bellezza

di ed wood
4 stelle

Delude ancora Sorrentino. A questo punto "Le conseguenze dell'amore" appare sempre di più come il classico caso fortunato, l'eccezione che conferma la regola. E dire che non era neanche cominciato male. Il primo tempo della "Grande Bellezza" viaggia su livelli quasi decorosi. Al netto dei consueti virtuosismi gratuiti, del citazionismo smaccato (l'incipit rarefatto, bruscamente interrotto da un'immagine "mondana", proprio come nella "Dolce Vita"), di qualche inciampo nel macchiettismo più bieco ("te chiavassi...") o nella digressione sterile o nel fellinismo d'accatto (le suore ovunque), la prima parte del film comporta infatti un cambiamento rispetto alle precedenti opere del regista campano: anzitutto, viene recuperato un certo brio nei dialoghi, spesso brillanti e arguti senza più quell'ossessione dell'aforisma a tutti i costi che aveva reso inascoltabili larghe porzioni dell' "Amico di famiglia" e del "Divo"; la direzione degli interpreti abbandona il grottesco ostentato delle prove precedenti in favore di un approccio più "naturalistico" e spontaneista (complice la bravura e la misura degli interpreti, Servillo su tutti); infine, la regia fa capire di volersi prendere i suoi tempi, indugiando in lunghe sequenze e limitando il ricorso al montaggio soffocante che aveva in passato compromesso, anzichè valorizzare, la resa emotiva delle immagini. Scorre un affresco sconsolato, per quanto ambiguo e moraleggiante, delle brutture del ceto intellettuale romano, bilanciato da sprazzi di lancinante dolore (il pianto improvviso di Jep alla notizia della morta di una ex fidanzata), attimi di discreta commedia/satira di costume e da momenti di onesto sfogo dialettico (il monologo di Jep contro la scrittrice "di partito", attendibile incarnazione del concetto di "radical chic"), che però sconta un peccato originale: ma come può uno che nella vita ha solamente scritto un romanzo a campare di rendita per 40 anni permettendosi un attico con vista sul Colosseo (manco fosse Nerone nella Domus Aurea)? Ma il successo non era mica qualcosa di effimero? Lo show businnes non era mica spietato? Come può accadere che uno scrittore goda di un prestigio eterno ed illimitato senza che questi abbia saputo ripetersi in 40 anni dopo una sola opera letteraria? In un film che, almeno nella prima parte, è meno grottesco ed esasperato di quanto si sia disposti a credere, si tratta di una falla non trascurabile, che getta un'ombra di approssimazione e superficialità su tutta l'opera. Un'ombra che nel secondo tempo diventa una voragine. Il tedio calcolato, fin troppo evidenziato e retorico, che all'inizio era funzionale alla rappresentazione di quel mondo di marmaglia vuota e ricchissima avrebbe dovuto necessariamente sfociare in una grande bellezza, in un autentico "riscatto estetico", dove il Cinema stesso, con la sua forza creativa e poetica, si sarebbe posto come unico valore incrollabile; oppure, al contrario, si sarebbe dovuto premeditatamente e radicalmente premere sul pedale dell'assurdo puro, della "irreality" paradossale (quanto è migliore, più coraggioso, più ispirato e teorico, il film di Garrone rispetto a questo nel rappresentare la non-vita dell'homo italicus contemporaneo!), per ribadire il nichilismo di fondo. Questa benedetta "grande bellezza" non viene nè trovata nè negata: al nulla borghese corrisponde la rozzezza imbarazzante e indifendibile delle "invenzioni" sorrentiniane, dalle giraffe che scompaiono ai fenicotteri rosa (omaggio a Waters?), da una spassosissima Suor Maria a un bel paio di tette come vivida reminiscenza giovanile. I sostenitori del film ribadiranno che Sorrentino ha dato pane al pane, trash al trash, ma purtroppo nell'Arte non funziona così. Un film che è già invecchiato...altro che opera di rottura! La Morte, la Malattia, la Religione, la Donna, la Letteratura e tutte le altre cose restano un catalogo inerte di pretesti che non acquisiscono mai lo spessore tematico ed espressivo che si richiede ad un film di valore. Peccato perchè una Ferilli così amara, dolente ed accorata difficilmente la rivedremo...

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