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La grande bellezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su La grande bellezza

di LIBERTADIPAROLA75
6 stelle

"Che cos'è la creatività?" mormora il buon Paolo Sorrentino a bordo di una Fiat 500, per le vie di Hollywood (Los Angeles) e poi di Roma... "Una GRANDE BELLEZZA?........"

E tutti a inorridire per essersi prestato, lui il vincitore del Premio Oscar, ad una bieca operazione commerciale, uno spot pubblicitario...che schifo...

E, a questo punto, tutti (diciamo buona parte dei detrattori) dicono di aver finalmente compreso il senso del film, una pubblicità turistica alla città di Roma e all'Italia, la crisi non esiste, questo è il posto più bello del Mondo...e giù a tirare in ballo pure i Vanzina (ma io lo considero un complimento, eh eh...), che di meglio sto film avrebbe solo Servillo e la fotografia altrimenti potrebbe essere il nuovo "Film Da Bere" dei famigerati Spot Brothers, o l'aver voluto fare una parodia "offesa alla memoria" de LA DOLCE VITA di Federico Fellini.

Ma veniamo a noi...

Comincio la visione e per quasi 10 minuti buoni non succede nulla, nessuno parla, assistiamo solo alla vacuità di una festa (e, stavolta, li metto in ballo io i rampollini di Steno dicendo "Per il momento sembra un videoclip diretto da Vanzina! Si vedono pure un po' dei loro feticci.") finché il nostro Jep si rivolge allo spettatore (mentre alle sue spalle come i fantasmi di una registrazione si muovono gli invitati al Party) dicendo che molto tempo fa avrebbe voluto fare lo scrittore ma, ormai, non sa se rassegnarsi o cercare un'idea osservando la realtà che gli sta attorno...

Vi ricorda qualcosa? Se il film fosse ambientato una ventina di anni fa e il protagonista si chiamasse Marcello, questo lavoro potrebbe benissimo rivelarsi il sequel de LA DOLCE VITA. Invece il protagonista è un altro ma nulla cambia e, per esplicitare il paragone, Sorrentino ci infila una sfilza di  citazioni (la ballerina sfiorita, la battuta "Vieni a vedere il mostro marino?", religiose in odore di santità, intellettuali in crisi, etc...) e il pubblico è allibito e diviso su vari fronti: carenza di idee, citazionismo offensivo (solo Tarantino ha il Monopolio di poter fare citazioni, anche a caso, senza che nessuno si scandalizzi?), gustosi omaggi o altro?

E che cosa potrebbe essere questo altro?

Magari un metro di paragone filosofico per arrivare al dunque che nulla è cambiato, se non in peggio, che eravamo in crisi di coscienza all'epoca e lo siamo ancora adesso, che esiste sempre una vacuità che ci porta a prendere in considerazione soprattutto soltanto le cose più futili della vita finché non arriviamo alla disperazione una volta che ci rendiamo conto della crisi degli ideali, della politica, del lavoro, di tutto...
La recente situazione internazionale darebbe ragione a questa ipotesi rendendo il film un assoluto capolavoro filosofico, peccato che la cosa non sia esplicitamente chiara.

Ci sarebbe ancora un'altra chiave di lettura...

"Che cos'è un affresco?"

Questa è la domanda che vi pongo. Per me è un ritratto antropologico di ciò che ci sta attorno ma fatto con sguardo entomologico, distaccato, senza mettere in discussione o dare giudizio su ciò che osserviamo. In questo caso sarebbe chiara la mancanza di ideologia del film di Paolo Sorrentino.

Per il personaggio di Marcello, Federico Fellini si ispirò al suo amico Gualtiero Jacopetti, giornalista scandalistico, che, mentre girava l'Europa con l'amico Alessandro Blasetti per cercare materiale per l'inchiesta EUROPA DI NOTTE, affermò che era più interessante osservare il comportamento naturale dello spettatore fuori dal teatro che della rappresentazione filmata sul palco. Da lì gli venne l'idea per il Cinegiornale Internazionale MONDO CANE. La lezione la apprese, molti anni dopo, ad esempio il giovane cineasta Harmony Korine (grande estimatore di quel tipo di cinema) definito da molti "il ragazzo dallo sguardo entomologico".
Il film di Sorrentino è (o può essere) appunto questo, una entomologica rappresentazione, in parte documentaristica della realtà odierna (c'è pure l'occhio sulla tragedia della Costa Concordia naufragata all'Isola del Giglio).

Ma allora perché il titolo LA GRANDE BELLEZZA?

Come tutti gli affreschi anche la disperazione viene rappresentata dall'arte. L'arte è immortale, l'arte è bellezza! La fotografia colora la penisola di suggestione, mentre in mezzo a tutto ciò un uomo, il protagonista Jep, si rassegna malinconico agli anni che passano e il tono si fa decadente, come i monumenti simbolo del tempo che fu.

Un capolavoro? Direi di no!

Un Oscar meritato? Non saprei, può anche darsi.

Un bel film? Direi un bell'affresco, da osservare come un'opera d'arte.

Molteplici sono le chiavi di lettura per considerarlo per forza un lavoro riuscito.

Giudizio: 3 stellette e 1/2

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