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La grande bellezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su La grande bellezza

di amandagriss
8 stelle

La grande bellezza è la meraviglia che contiene il mondo, quella meraviglia che almeno nel mondo umano di Jep Gambardella non c’è più, scomparsa -puff !- svanita; e così lui la (ri)cerca e, sicuro di (ri)trovarla lì, la (ri)scopre ogni notte, nelle sue passeggiate in solitaria, immerso nella magnificenza di Roma, Lei caput mundi, culla della civiltà occidentale, patrimonio inestimabile dell’umanità tutta, ineguagliabile tesoro della storia dell’arte, Lei, la città eterna, nelle strade, nei monumenti, nei giardini, negli antichi palazzi, nella miriade di fontane che accoglie, sempre uguale a se stessa, magnifica e indifferente al tempo che scorre, al panta rei che domina tutte le creature viventi, depositaria di un glorioso passato, testimone silente e maltrattata di un duro presente, meta dall’inalterato fascino  per ruggenti esistenze future. Quando tutto intorno è deformazione fino al grottesco, quando l’horror vacui di ore, giorni, anni viene faticosamente riempito da altro vuoto, declinato -per comodità, per ingannare se stessi, per sopravvivere- in velleità pseudoartistiche e acrobazie intellettualoidi, la bellezza del titolo fatica a mostrarsi, a  dar forma e sostanza alla parola scritta; fluttua per anni, anche per una vita intera, in un limbo; è sedimentata sotto la dura scorza della mostruosa  apparenza, dello spettegolare  annoiato e spocchioso, è imbrattata dalla volgarità morale di un popolo smarrito, confuso, degradato, che si agita e gira in tondo senza mai tendere a una reale meta, perennemente concentrato a sfoggiare (privo di consapevolezza) il peggio di sé e delle sue (mal camuffate) miserie, il cui snobismo (sine nobilitate) elitario lo conduce a chiudersi in un mondo fuori dal mondo, dove la vanità, l’arroganza, la superficialità, l’ipocrisia, la stronzaggine regnano perpetue e sovrane. Jep Gambardella, scrittore fallito e ora giornalista, è il re di questo ambiente/popolo (italico) mondano, malsano-stanziale-accartocciato-decrepito-stantìo, che disdegna la giovinezza, quella stessa che così tanto follemente e disperatamente le sue sgraziate creature tentano di trattenere a sé, con ogni mezzo e risultati di dubbio gusto. Che sfiorisce, perché si ammala e muore (in tutti i modi in cui può ammalarsi e morire), che si rende invisibile, perché sceglie d’incamminarsi sui silenziosi e sempreverdi sentieri della fede, perché è lasciata a se stessa, corrotta fin da fanciulla. Jep Gambardella è un illuminato, lo è sempre stato, ma il vorticoso ingranaggio del viver fatuo e frivolo lo ha risucchiato a tal punto da perdersi di vista per tanto, troppo tempo; sotto lo scintillìo fasullo di una vita ad “andare in giro, vedere gente, fare cose” , brilla intatto un pensiero nobile libero e sensibile, che il cinico disincanto degli anni o dell’esperienza hanno soltanto potuto acuire e migliorare. Jep Gambardella potrà salvarsi, saltare quel fosso in cui la stessa alterata fauna umana che lo/di cui si circonda è piombata -e dove lì finirà i suoi tristi asfittici giorni- volgendo semplicemente lo sguardo all’indietro, a ciò che è stato un tempo, a quando la bruttura del vivere ancora non lo aveva intaccato, a quando era un essere puro, un idealista immune alla disillusione e all’amarezza. E come l’immortale Roma insegna, su tutti e prima di tutti, è solo guardando al tempo andato, aggrapparsi alle proprie (solide) radici, tenersele ben strette, che si può concepire il presente e viverlo senza distorsioni, solo così è possibile comprendere la meraviglia di un futuro ancora tutto da scrivere.

Sorrentino disegna un ritratto impietoso della nostra contemporaneità; la sua direzione è superba, così fluida e soave da farci dimenticare di essere semplici spettatori seduti in poltrona mentre lo schermo prende vita; camminiamo al fianco di Jep nelle sue incursioni intimistiche; siamo gli imbucati alle sue feste sovraccariche, i terzi incomodi di dolorose tragedie private e sconfitte umane. Noi siamo lì con lui, e questa è una dote che pochi registi al mondo posseggono.

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