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Bianca come il latte, rossa come il sangue

Regia di Giacomo Campiotti vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Bianca come il latte, rossa come il sangue

di alan smithee
6 stelle

Giacomo Campiotti mi è sempre piuttosto piaciuto e, senza suscitare in me particolari clamori o esaltazioni, mi ha quasi sempre convinto (almeno cinematograficamente: la sua folta produzione televisiva l'ho sempre trascurata, come tutte del resto, per i troppi film da vedere che si accatastano nel mio scaffale fisico e mentale, e anche perché effettivamente poco attratto da una narrazione come quella "digitale-ex-catodica" che, con le dovute eccezioni senz'altro presenti, predilige spesso la semplificazione narrativa fino ad una elementarità di dialoghi e situazioni che non riesco più a seguire né tantomeno riesce ad attirare anche solo una mia distratta attenzione).
Sin dagli esordi dell'autore, con quel "Corsa di primavera" che mi sorprese per naturalezza e spontaneità all'epoca del mio servizio militare (mentre l'orda dei miei colleghi commilitoni prediligeva e frequentava tutt'altre programmazioni), e ancor più con quel bizzarro ma ammirevole ed intenso "Come due coccodrilli", Campiotti ha saputo sempre infarcire le sue trame, semplici e complesse allo stesso tempo, di ostacoli e pericoli che all'ultimo ha sorprendentemente saputo "dribblare" (brutta parola per chi come me non sopporta il calcio, ma non mi viene di meglio ora), evitando che l'accumulo di sdolcinatezze o sentimentalismi potesse rendere mellifluo e vano ogni percorso interessante costruito fino a quel momento. Tutto ciò è quello che a mio giudizio accade pure in questo suo ultimo film, tratto dal famoso romanzo del giovane professore D'Avenia. Una storia d'amore e passione tra studenti che non rinuncia al solito goliardismo da teen visto e stravisto, ma che sa andare anche ben oltre: ben oltre il sentimentalismo che è pur presente ed abbondante, che trasuda dallo sguardo di quella irresistibile faccia da schiaffi di Scicchitano, mai così bravo e maturo come in questa sua terza occasione recitativa; ben oltre le ruffiane canzoni urlate dei soliti modesti Modà, che tuttavia piacciono ai più e dunque forse proprio per questo non è davvero sbagliato inserirli in questo contesto vivo e concreto, ma anche superficiale e caciarone.
Ma tutto il cast se vogliamo raccoglie dentro di sé sfumature anche già viste e riviste, che tuttavia si fermano sempre un attimo prima di franare nel burrone della banalità e della più piatta sciatteria mocciana.
Merito del libro? Probabilmente anche quello, ma non posso pronunciarmi non avendolo (ancora) letto, ed è certo che il suo autore, chiamato ad occuparsi anche della sceneggiatura, dimostra di conoscere bene ed avere ben impressi nella propria mente i ritmi cinematografici della commedia drammatica che non rinuncia a sdrammatizzare con la forza e l'impeto di una età che ti fa fare e pensare ad un sacco di stupidaggini, ma che indubbiamente ti predispone a vivere e lottare con la tenacia e la positività della bellezza che ti porti dentro e magari (se sei fortunato) esterni pure al mondo circostante, emanando quel rosso fuoco che comunica amore e passione.
Insomma un film che sa essere serio e cazzone come lo sono effettivamente i giovani d'oggi, sensibili e speciali quasi tutti, se presi singolarmente, mentre in quasi tutte le altre circostanze caotici e superficiali, specie se considerati in massa. Menzionavo prima le prove attoriali anche minori: è doveroso riconoscere l'impegno di Luca Argentero nel suo ruolo non nuovo e forse un po' scontato di professore aperto e singolarmente predisposto alla comprensione, reso tuttavia dall'attore con grande vitalità, dignità e spessore; mi piace tuttavia segnalare ancor di più il bel ruolo di genitori incerti e sconcertati affidato a Flavio Insinna (per una volta fuori dai terrificanti contesti televisivi "pacchiani", in molti sensi) e soprattutto a Cecilia Dazzi, madre ansiosa fantastica e in generale da anni una delle mie attrici preferite, da molto tempo troppo gravemente sottoutilizzata dal cinema che conta (qualitativamente), mentre come bulletto di quinta superiore, smargiasso e (finto) duro, Eugenio Franceschini (già apprezzato figlio maggiore "per finta" in "Una famiglia perfetta") è molto in parte e si distingue per quel suo tono di voce davvero eccellente, elegante e da attore consumato.

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