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Per qualche dollaro in più

Regia di Sergio Leone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Per qualche dollaro in più

di kotrab
9 stelle

S. Leone alle prese con i postumi dello strepitoso successo di Per un pugno di dollari dà la conferma eccezionale del suo talento, rivelatosi pienamente appunto nella reinvenzione del genere western. Per qualche dollaro in più ha alcuni spunti da sequel e altri invece da nuovo capitolo, nuova avventura che è insieme intrattenimento di alta qualità, tragedia, epica e dramma psicologico dalle forti venature umane e patetiche.
Le sequenze memorabili si susseguono a raffica, ma basti ricordare i titoli di testa, con quei primi secondi immersi nel silenzio, solo qualche rumore dell'arma da fuoco e in soggettiva, un campo lunghissimo nella desolazione, un ometto minuscolo sul fondo e al centro che cade da cavallo mentre urla lo sparo simile al verso penetrante di un'aquila e che ritornerà ossessivo e volutamente esasperato fino all'inverosimile e al puro suono nei duelli o nei giochi "di forza" da bambinoni (l'incontro tra Joe il Monco [C. Eastwood] e il Colonnello Mortimer [L. Van Cleef]). Oppure i dialoghi muti tra gli elementi strutturali del film, tra l'immagine, il montaggio, gli sguardi che si intersecano da diversi punti dello spazio scenico, i primissimi piani, i rumori d'ambiente o la vera e propria musica quando interviene. Ancora i contrasti tra i deliri dell'Indio (G. M. Volonté) o i fremiti trattenuti e lancinanti del Gobbo (K. Kinski) e la pacatezza inesorabile, a volte cinica, a volte saggia, dei due cacciatori di taglie: tutti tipi psicologici separati ma dalle fortissime caratterizzazioni e lontani da banalità, incastrati in un mondo dove si deve per forza far giustizia con i proiettili, tormentati dai ricordi e un passato che grida vendetta, con dolore e dannazione.
Tutto deve sfociare quindi in un finale leggendario, dove le parti in gioco si confrontano dentro un cerchio come in una orchestra da teatro greco e il rituale, come ogni rituale, viene scandito da regole, tempi e di conseguenza dall'elemento temporale e spirituale per eccellenza, ma che nasce paradossalmente dalla pura materia: la musica. Anche Ennio Morricone infatti ribadisce l'importanza del suo contributo artistico con melodie struggenti, ritmi incalzanti e patetici, incastri ed elaborazioni tematiche che non ti abbandonano, con strumenti variegati e usati in modo del tutto appagante, dallo scacciapensieri, al fischio perfetto di Alessandro Alessandroni con i suoi Cantori Moderni, dalla chitarra alla tromba di Nino Culasso, dall'organo (un breve assolo che ha segnato la mia vita quando sentii il cd RCA da bambino) fino al carillon e alle varie percussioni, archi, legni, ottoni. Proprio nel duello finale il motivo metallico, malinconico e ipnotico del carillon, motore dell'intera vicenda in quanto legato al ricordo della sorella del Colonnello, scandisce i tempi dell'azione e dell'animo, da intervento diegetico, ossia fonte interna all'azione, diventa extradiegetico quando sorge l'orchestra morriconiana sviluppando temi e armonie, uno stato di trance che accomuna duellanti e spettatori e in cui ancora una volta tensione, morte e passione diventano lacrime.
Attori straordinari per tutti i protagonisti ma anche per i ruoli minori, tra cui spiccano Kinski, come sempre impressionante anche con pochi minuti, e Luigi Pistilli. Ben calibrati ed essenziali anche gli interventi umoristici. 9

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