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In Nomine Satan

Regia di Emanuele Cerman vedi scheda film

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La recensione su In Nomine Satan

di nickoftime
5 stelle
Fenomeno sommerso di cui si conoscono solo i numeri (600 mila adepti per 80 mila sette) il satanismo alla pari della Massoneria è un tipo di associativismo che molti citano senza però riuscire a collocare all'interno di uno spazio coerente con il resto del paesaggio. Di conseguenza la riproposizione del tema, peraltro aggangiato ad uno dei fatti di cronaca più inquietanti della storia recente, e qui parliamo dei delitti commessi dalle cosidette Bestie di Satana, gruppo di assassini seriali legati al culto del diavolo, faceva di "In Nomine Satan" un film di per sè interessante ancora prima di incominciarne la visione. Alle aspettative connesse con la scelta del punto di vista assunto dalla storia, si sommava la curiosità di valutare un operazione di genere che il cinema italiano, fatto salve rare eccezioni (I Manetti Bros) fatica a perseguire con la necessaria continuità. 


La vicenda ci porta immediatamente sul luogo del delitto, con la polizia che si imbatte quasi per caso in uno dei componenti della banda, per poi risalire, grazie soprattutto alle indagini di due volenterosi inquirenti, all'origine di un'azione delittuosa copertà dall'omertà e dalla paura delle persone che direttamente o meno ne sono rimaste coinvolte. Non solo i componenti del sodalizio, condizionati da fragilità personali, e manipolati da un cattivo maestro con la faccia da angelo caduto, ma anche dei genitori delle vittime, costantemente minacciate, e per questo timorose di uscire allo scoperto.  

Emauele Cerman aveva due opzioni. La prima era quella di realizzare un film inchiesta in cui i fatti veniva considerati sotto un profilo sociale ed antropologico; l'altra invece, più cinematografica, consisteva nell'affidarsi ai codici del genere (thriller ma anche horror) per spingere l'accelleratore sul versante della suspence e dell'intrattenimento. A conti fatti "In Nomine Satan" è invece un ibrido che cerca di tenere conto di entrambi i fattori. Da una parte affidandosi ad una rappresentazione che fa i nomi ed i cognomi delle persone che realmente furono protagonisti degli avvenimenti, dall'altra calvalcando la forma di un detective movie in cui la paura è più evocata che mostrata. In questo senso la scelta di Cerman di non cadere nelle scorciatoie di un voyerismo da grand guignol è apprezzabile, come pure quella di rendere la dimensione dei protagonisti con un immersione sensoriale mirata a far sentire psicologie e stati d'animo, con riprese in soggettiva, fuori fuoco sistematici ed un montaggio atemporale che rende bene il deragliamento emotivo dei singoli personaggi. Non altrettanto efficace è l'apporto in fase di scrittura, con la sceneggiatura che muove le sue pedine su uno sfondo astratto, e privo di riferimenti che non vadano oltre lo sballo da vuoto esistenziale, leggittimato dal mix di sesso droga e rock and roll più volte richiamato dalle scene del film. Così come lascia a desiderare la riflessione sull'origine del male, risolta da una scena dal sapore Lynchiano, che però non riesce a risollevare le sorti di un film volenteroso, a tratti anche angosciante, ma troppo in superficie rispetto al soggetto che porta in scena. 

(icinemaniaci.blogspot.com)

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