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Pentimento

Regia di Tengiz Abuladze vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Pentimento

di sasso67
8 stelle

Anche Pentimento è uno dei prodotti, probabilmente il migliore, degli anni della perestrojka gorbacioviana. È di scena la figura di un piccolo tiranno di provincia, classico esempio di ras locale nella Georgia dell'era sovietica. Questi si circonda di una guardia pretoriana in uniforme medievale e, con astuzia sorniona, frutto di paura e sfiducia nell'Uomo (l'esatto contrario di quanto predicava, nella sua celebre poesia Prima di tutto l'uomo, il poeta turco Nazim Hikmet, che pure fu simpatizzante sovietico), è sempre a caccia di avversari di cui liberarsi. Lo fa, usando una logica ottusa ed assurda (secondo la quale «su tre persone, quattro sono nemici»), ma stringente, che confonde innanzitutto gli innocenti che incappano nelle maglie di questo potere corrotto e crudele. Lo scandalo esplode quando, deceduto il tiranno (l'ottimo Avtandil Makharadze), una donna ne riesuma il cadavere per vendetta. Anche all'interno della famiglia del despota scoppia il dramma, di cui faranno le spese, come spesso accade, le giovani generazioni. 
Metafora dello stalinismo e di ogni altro consimile esperimento dittatoriale (il protagonista Varlam ha la fisionomia di Stalin, i baffetti di Hitler, gli occhialini alla Berija e la camicia nera di Mussolini), quello di Abuladze è anche un monito a disseppellire i cadaveri, a parlare apertamente del passato, a fare autocritica, per non dover fare i conti con il rimorso, il risentimento dei propri figli e con la conseguente penitenza (era quest'ultimo l'originario titolo con il quale il film fu presentato all'estero). Abuladze (morto nel 1994) era probabilmente un condivisore georgiano della grande anima russa, quella, intrisa di religiosità, testimoniata nelle sue opere da un Autore moderno come Solgenitsyn. In Pentimento, comunque, il modello narrativo (non ideologico, però) sembra essere Buñuel, anche se la critica al potere viene da un punto di vista religioso ed etico, anziché "politico" (che, nel regista spagnolo, equivale a dire anarchico).

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