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No - I giorni dell'arcobaleno

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su No - I giorni dell'arcobaleno

di casomai
7 stelle

Il cinema aiuta la storia, anche quella recente, a farsi mito e creare i propri eroi, ma il rischio dell'agiografia è sempre dietro l'angolo. Una dignitosa operazione cinematografica girata con stile semidocumentaristico, ma il sospetto è che la storia segua dinamiche più complesse di una trovata pubblicitaria.

Il cinema aiuta la storia, anche quella recente, a farsi mito e creare i propri eroi. Sennonché il rischio dell'agiografia, nel racconto del piccolo David che sconfigge il grande Leviatano, è sempre dietro l'angolo. Cile, 1988. Il giovane creativo René Saavedra è assoldato dai partiti di opposizione a Pinochet per creare la campagna pubblicitaria per il "no" alla rielezione del generale per altri otto anni alla guida del paese. Il colpo di genio massmediologico, in un paese impietrito dal dolore dopo quindici anni di dittatura, è la scelta di esorcizzare il terrore insistendo non sui lutti del passato, ma su un ottimistico quanto vacuo messaggio di speranza, al canto molto brasileiro di "L'allegria sta arrivando". Girato con stile semidocumentaristico e inquadrature tremolanti alla Dogme 95 , brutali movimenti di macchina da un interlocutore all'altro per sottolineare l'infuocata dialettica dei dibattiti, il tutto inframezzato con scene di repertorio che avvalorano la veridicità storica del racconto. Tratto dalla pièce "Il plebiscito" di Antonio Skàrmeta, l'autore del Postino, un film in cui il mondo si divide nettamente fra buoni e cattivi, giacché anche gli indecisi sono in fondo buoni, ma con solo un po' più di paura addosso. Si sente la mancanza di una narrazione con più chiaroscuri, per spiegare ad esempio più in dettaglio la strategia di recupero degli indecisi. Trattasi invece di una classica, per quanto dignitosissima, operazione cinematografica con un protagonista cinegenico e il lieto fine che arriva puntuale dopo due ore, senza grandi colpi di scena. I toni autocelebrativi saranno anche giustificati – chi siamo noi, che non abbiamo vissuto quel tempo e quel luogo, per dire il contrario? –, ma il sospetto è che la Storia segua percorsi più tortuosi di una trovata pubblicitaria.

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