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Under the Skin

Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Under the Skin

di amandagriss
8 stelle

 

 

Il mondo visto percepito e gustato da un alieno.

 

scena

Under the Skin (2013): scena

 

Inizialmente un punto di luce.

Che infrange l’oscurità, e si insinua progressivamente negli occhi (lo specchio dell’anima) di una donna senza vita, per farsi strada al suo interno e appropriarsi delle sue giovani e belle fattezze.

Fino a crescerle dentro e nascondersi, letteralmente, sotto la sua pelle.

Una creatura di cui non sappiamo nulla.

Deduciamo dalle sue azioni quale l’obiettivo che persegue.

Accalappiare uomini con l’arma della seduzione.

Quella che fa presa sulla specie umana, che corrisponde agli istinti sessuali, all’attrazione fisica tra maschio e femmina. Operazione semplice. Che non richiede tanto spreco di energie.

Perché il suo travestimento è perfetto per lo scopo. Corpo sinuoso, occhi magnetici e una bocca di fuoco che parlano da soli. Sono un’esca più che invitante per il genere maschile. Basta andare in giro nelle fredde e plumbee terre della Scozia, abbordare poveretti con le più stupide scuse, saper aspettare la preda giusta, quella solitaria, cosicché un’eventuale scomparsa non susciti allarmante clamore.

 

Scarlett Johansson

Under the Skin (2013): Scarlett Johansson

 

Nella sua missione è supportata da un essere con sembianze umane, sembrerebbe un motociclista, ma non lo è.

È uno come lei. Le fa da supervisore, sembra monitorarla, ripulisce i luoghi del ‘delitto’, elimina le tracce del suo passaggio perché nulla trapeli all’esterno, nel mondo di quelli che si fanno chiamare umani.

 

Scarlett Johansson

Under the Skin (2013): Scarlett Johansson

 

Jonathan Glazer ritorna al cinema col suo terzo e più estremo lungometraggio, il rarefatto racconto di una diversità catapultata nell’affollata pluralità omologata della dimensione Terra.

Che ad occhi extraterrestri appare in tutta la sua verità e il suo desolante squallore.

Esseri viventi a disagio nel pianeta ospitale, in una Natura fredda e distante, ostile e impietosa.

 

scena

Under the Skin (2013): scena

 

Non c’è bellezza, non c’è gioia, non c’è vita vera né vera libertà nell’universo-umanità, nel ripetersi meccanico e frenetico delle sue azioni.

Gente comune che, simile ad un laborioso formicaio, è tutta presa ad espletare i propri collaudati rituali quotidiani.

Vecchi e nuovi. Fisiologici. Socialmente accettati e socialmente condannati.

 

Mantide di remote galassie, lei si muove, ben mimetizzata, in un microcosmo che non comprende.

Che non vuole o non può comprendere.

Pietà, compassione empatia non sono contemplate.

Le miserie della terra sulla quale è caduta non la sfiorano, non le riguardano.

Finché il prolungato contatto con gli umani non comincia a cambiarla. Dentro e fuori.

A consapevolizzarla.

Come un bambino che per la prima volta prende coscienza di sé,

come un adolescente che guardandosi allo specchio si trova cambiato, improvvisamente ‘adulto’,

come una giovane donna che familiarizza con le sue forme aggraziate nella luce soffusa della propria stanza,

come un essere umano che si scruta dentro, s’interroga su cosa sia,

e per risposta avverte un indescrivibile senso di disagio ed inadeguatezza alla vita.

Lei, determinata predatrice si fa facile preda.

D’un tratto si scopre esposta, emozionalmente aliena tra gente altrettanto aliena.

Prova a mangiare, ha freddo, ha bisogno di un riparo, di dormire. Ha paura.

Si sta umanizzando. 

E il motivo non dissonante di una musica che ci raggiunge, e che anche lei pare sentire intimamente, lo conferma.

Ma la sua mutazione(integrazione) le costerà cara…

 

Scarlett Johansson

Under the Skin (2013): Scarlett Johansson

 

Suggestiva parabola, scarna ed essenziale, sulla nostra (s)pregevole effimera condizione umana, che trova ancora una volta nell’impostazione da racconto sci-fi, il mezzo più adeguato, più duttile, per essere rappresentata.

Opera capace di catturare i sensi dello spettatore, di inabissarlo totalmente nelle atmosfere cupe e gelide di una storia apparentemente, obiettivamente, criptica ed enigmatica, che lascia allo spettatore interpretare, cogliere possibili significati sulla sua natura, sulle immagini che riempiono lo sguardo.

Sequenze a dir poco affascinanti, che catapultano chi osserva in una dimensione astratta dove le nostre leggi fisiche perdono di significato: spazi e corpi inghiottiti dalla più fitta e profonda, liquida oscurità, luoghi onirici, in cui fondersi, nei quali implodere, dove scomparire, per l’eternità.

Momenti di (agghiacciante) realismo i cui toni pesanti vengono smorzati dalla componente fantastica, a creare un’atmosfera indefinibile, attraente e respingente al tempo stesso.

Portentoso lavoro visivo supportato da un altrettanto, straordinario, lavoro sul sonoro, che si sostituisce alle parole, ai moti dell'animo. Che accompagna l’azione, che scandisce il tempo, dilatandolo e restringendolo in funzione degli eventi.

Che riesce nell’intento di restituire la sensazione di estraneità della protagonista dal quel mondo ospite-sconosciuto che è la terra e i suoi abitanti.

 

scena

Under the Skin (2013): scena

 

Considerevole prova della Johansson. Dà corpo e anima ad un carattere -l’E.T. in trasferta sul pianeta azzurro- di certo tra i più riusciti, sfaccettati e commoventi che il cinema abbia portato sullo schermo negli ultimi anni.

Come gli alieni di District 9, anche lei si fa strumento per osservare noi stessi, per misurare il grado di (dis)umanità della nostra specie.

Coraggioso.

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