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Small Apartments

Regia di Jonas Åkerlund vedi scheda film

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La recensione su Small Apartments

di supadany
8 stelle

Arrivato da noi solamente in edizione “home video”, il lavoro personalissimo di Jonas Akerlund è tutto fuorchè incline a coccolare il pubblico, questo a partire dalla location fatiscente e lercia laddove il più accade, per arrivare al protagonista Matt Lucas perfettamente allineato ai dettami del regista e posto in testa ad un cast con tanti nomi più o meno conosciuti, ma soprattutto parecchie sorprese in riferimento al loro utilizzo.

Da quando suo fratello (James Mardsen) si è ammalato, Franklin (Matt Lucas) vive da solo, sognando di trasferirsi in Svizzera per cominciare una nuova vita.

Per fortuito caso un giorno uccide il suo molesto padrone di casa (Peter Stormare) ed un investigatore, Burt Walnut (Billy Crystal), non tarderà a farsi vivo per capire come sono andati i fatti.

Franklin cercherà di mettere insieme i cocci a sua disposizione, mentre i suoi vicini non se la passano poi tanto meglio di lui, tra lo stanco Mr. Allspice (James Caan), lo scoppiato Tommy (Johnny Knoxville) e l’aggressiva Simone (Juno Temple).

 

Matt Lucas

Small Apartments (2012): Matt Lucas

 

Trattasi di un vero e proprio corollario di eccentricità, fin dalle prime battute respingente sotto tutti i punti di vista pensabili (morale, per costumi e per l’ambiente), ma che cresce rapidamente, forte di una moltitudine di personalità e di sfumature, anche molto distanti tra loro, che quando emergono (penso per questo alle figure del vicino Mr. Allspice e all’agente Burt Walnut) lasciano in maniera distinta un segno e pure bello profondo.

Si gioca spesso con sicurezza col cattivo gusto, fluttuando tra il grottesco e l’esistenza (grama), con tratti surreali (come la simulazione assurda di un suicidio e l’omicidio stesso) ed un protagonista che gira quasi sempre coperto solamente da mutandoni bianchi anti-estetici.

Intrigante il cast, con Matt Lucas che, nel bene e nel male, domina la scena, circondato da anime differenti, ma spesso sorprendenti; un dolente Billy Crystal (lui che spesso ci ha fatto ridere), un burbero James Caan che però nasconde ben altro dietro la facciata dei suoi modi arcigni, Peter Stormare è chiamato (ancora una volta) a coprire i panni di un uomo viscido, Johnny Knoxville rapisce il cuore (altra scelta ad hoc da parte del casting), Juno Temple gli occhi, mentre Dolph Lundgren si ritrova negli inediti panni di un motivatore guru molto kitsch.

Tutto va a comporre, ed a arricchire, un altro quadro borderline per Jonas Akerlund come successo nel precedente “Spun” (2002), mentre rimane un mistero la debacle di “The horsemen” (2008), un vero e proprio mare magnum di sensazioni tra loro contrastanti, con un reale sprezzo del ridicolo ed in fondo tante qualità nell’inquadrare una storia sbilenca che sa abbinare ed incuriosire (tra le altre cose vi è una citazione dell’angel’s share proprio come nel più o meno contemporaneo film di Ken Loach).

Pazzoide e sorprendente (a suo modo).

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