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Le Streghe di Salem

Regia di Rob Zombie vedi scheda film

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La recensione su Le Streghe di Salem

di amandagriss
10 stelle

Con Lords of Salem abbandoniamo l’iperrealismo horror anni ’70 de La casa del diavolo per inabissarci nelle profondità ancestrali dell’essere, in un viaggio sensoriale a 360°, in cui la percezione della realtà lascia il posto alle visioni (indotte) della mente, agli impulsi del corpo, dove i sogni, o meglio gli incubi e chi li popolano, da dimensioni ‘altre’ arrivano ad invadere progressivamente gli spazi del nostro (familiare) quotidiano, per fondersi con esso ed infine prevaricare del tutto. Corpi sfrenati in un cortocircuito di luci e colori sgargianti, allucinazioni lisergiche (visive e uditive) si sovrappongono alla dimensione del reale e si insinuano -per un processo subliminale- nella logica lineare del racconto; investono, fino ad inghiottirla, Heidi/Sheri Moon Zombie, musa ispiratrice di questo eccentrico giovane musicista regista autore americano. Dal freddo grigiore di un’esistenza che lascia intravedere una profonda sofferenza, trascorsa in solitudine (un cane a farle compagnia) e regolata dalla routine quotidiana del lavoro di dj presso la radio locale della cittadina di Salem, all’infuocato calore di deliranti e insieme lucidissime atmosfere sulfuree, che il nostro ragazzaccio riesce a riprodurre in modo assolutamente creativo e personalissimo, libero da trappole/cliché visivi (sempre in agguato quando si parla di Satana) pur rifacendosi ad un certo cinema che fu, in cui la rappresentazione del demonio passava necessariamente attraverso caproni, informi-deformi mostri al limite del grottesco. Frullato, spesso e volentieri kitsch, impreziosito di brillanti intuizioni (il teatro), di tutte le suggestioni che da sempre caratterizzano lo sguardo trasversale dell’ex leader dei White Zombie (basta guardare i videoclip dell’epoca per comprendere la sua estetica debordante, esasperata, frenetica, fumettistica); ma anche affascinante, (dis)gustosamente blasfema rappresentazione (delle forze) del Male che assedia letteralmente il nostro vissuto, che penetra senza remora nei nostri corpi. Sinistro, morboso, disturbante, malsano, angosciante, oscuro e luminescente, fa della musica (composta fra gli altri da John 5, ex chitarrista dei Marilyn Manson) una protagonista a tutti gli effetti, il principale elemento per intessere una rete di tensione palpabilissima, ossessiva, soffocante, schiacciante come poche volte nel cinema è successo. Che nel suo grave ipnotico incedere scandisce il tempo, domina le azioni, turba e incanta profondamente. I momenti migliori si ritrovano tra immagini fortemente evocative e ‘passeggiate in corridoio’ (claustrofobici e attanaglianti momenti che ricordano il terrificante nulla di Shining), senza dimenticare le gesta delle tre Signore di Satana, abilissime nel destreggiarsi con il mondo circostante e i maschi che lo popolano al fine di condurre alla perdizione/rivelazione di sé la bella (e brava) protagonista. Il feroce talento vintage di Mr. Zombie, che passa per Carpenter e per tutto il cinema di una volta -efficacemente metabolizzato (compreso quello in bianco e nero che Heidi guarda in tv)- ha nuovamente dato i suoi rigogliosi frutti, e non si resta delusi se lo splat-pack, comunque presente, non è predominante e per forza veicolato secondo i modi che regolano l’horror (vecchio e nuovo) più convenzionale e che hanno trovato finora in lui uno dei suoi più alti rappresentanti (su tutte, la scena della donna investita dal tir ne La casa del diavolo). Eccellente esempio di cinema di ‘paura’ che per una volta non fa (soltanto) paura.

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