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Le Streghe di Salem

Regia di Rob Zombie vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Le Streghe di Salem

di M Valdemar
10 stelle

Sheri Moon Zombie danza.

Una musica strana e straniante, che penetra nell’intimo e insozza le viscere, accordi che rimandano ad antiche paure e orrori indicibili, una litania infernale capace di rievocare riti maledetti: la danza macabra è il respiro pestilenziale di Satana, lento, ipnotico, oppiato, dilatato sino a esplodere in un tripudio orgiastico di sacrifici e rinascite.
Da un lontano passato, a Salem, vecchie meretrici dai seni cadenti e ventri gravidi di lerciume e ripugnanza, arse vive sul rogo della purificazione dell’anima dal fanatico fervente Reverendo Hawthorne, fanno giungere nel plumbeo presente le demoniache note che rivelano la maledizione lanciata sul religioso e la formula di un’innominabile rito che permetterà il ritorno del maligno.
Dall'esatto momento in cui le puntine si posano sul nerissimo vinile dal quale fuoriesce quel dannato rumore sonoro, per Heidi, dj metal con trascorsi tossici nonché discendente del reverendo, niente sarà più lo stesso.
Si spalancano le porte dell’abisso, il corridoio che conduce dal suo sereno appartamento a quello in cui risiede la Bestia è uno spazio breve nella mente che separa la lucidità dall’insania.
Abbandonatasi, e lasciata abbandonare, nelle fauci della follia, la domata Heidi è trascinata in uno stato di ammorbamento e allucinazione, in cui si susseguono sogni, incubi, apparizioni, come frenetiche espressioni di un passo biblico incomprensibile ma del quale se ne percepisce potente l’abominevole aura.
Priva di difese e gentilmente accerchiata da volti lynchianamente rassicuranti, Heidi cavalca il caprone per le corna e ne è posseduta in copule furiose e selvagge, opprimenti e catartiche, finché dall’infetto grembo sgorgano infetti liquami (o)scuri e il maligno può tornare a nuova vita.
I Signori di Salem hanno aperto le danze …

Spogliato di qualsivoglia legame e costrizione con quanto prodotto in passato, Rob Zombie spoglia la sua Musa conducendola sull’altare di un ballo sfrenato, ebbro di sensazioni angosciose e angoscianti, accompagnato da cori mortali e innaturali, fatto di coreografie (a)simmetriche e sincopate.
L'iniziale istantanea è una sorta di “Sheri Moon desnuda”, il cui corpo - con quel culo - così stupendamente inquadrato incanta e suggerisce squarci paradisiaci; poi è solo una discesa infernale che ha il dono, la semplicità, il pregio della inesorabilità e della lentezza. Gli in­serti onirici e in flashback sono i sintomi di un malessere psicofisico, un irreversibile processo di mesmerizzazione, che cinge per i fianchi la donna conducendola alla perdizione, connettendola ad atti lontani - i sabba, la caccia alle streghe, le maledizioni, i rituali, le ancestrali paure.
Il film di Zombie è un ritratto malato e disturbante, inquieto e inquietante, folle e pungente, che sembra guardarti dentro (perché si prende il suo tempo per farlo) scavando perverso nell’inconfessabile.
Un ritratto dalle atmosfere torbide e malsane, che gronda raffinato putrescente furore artistico e idrofobica urgenza comunicativa; e di cui ogni sudicia pennellata è una suggestione - rozza e colta, classica e sorprendente, subliminale e manifesta, misera e nobile, timida e ardita, acida e dolce, grave e grottesca. Un complesso multiforme di impressioni che definiscono la statura dell’autore. Non solo citazioni e riferimenti alla tradizionale cultura satanista, anzi.
Suggestioni pittoriche (Francis Bacon e il suo Studio dal ritratto di Innocenzo X; Francisco Goya; Modigliani); letterarie (Baudelaire e i poeti “maledetti“); cinematografiche (da Méliès a Kubrick, da Ken Russell a Lynch, da Polanski a volti noti dell’immaginario horror, tra i quali spicca Meg Foster, spaventosa e malvagia); ed ancora fotografiche, storiche, mischiate con miti, leggende e iconografie di una terra che ha un passato di tenebre quale è Salem.
Per non tacere, ovviamente, della malevola fondamentale presenza musicale: il diabolico motivo scatenante; la colonna sonora deliziosa curata da John 5; il brano Crushing the Ritual composto ed eseguito dai medesimi Rob Zombie e John 5 che in pratica è una specie di (fantastica) presa in giro di certo black metal “militante”; le note classiche sacre e maledette, dal Requiem di Mozart a Bach; infine i sublimi Velvet Underground, presenti sia con Venus in Furs sia con All Tomorrow’s Parties, che costituisce il funereo accompagnamento finale.
Magnificamente illuminato da soluzioni cromatiche ora tetre ora accese ora avvolte in una foschia che riflette la confusione e il caos imperanti nell’animo umano, Le Streghe di Salem è una composizione registica sopraffina e (p)ossessiva, una suite demoniaca, corposa, che (r)accoglie terrificanti reflui atavici che confluiscono in un vorticoso ineluttabile maelstrom orchestrato per reminiscenze, percezioni e pulsioni.
E che sanguina (d’)amore, come fosse un’ode ruvida intinta nella linfa della morte e dell’orrore.

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