Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Dopo l’uccisione di suo fratello a Bangkok, Julian, gestore di una palestra, dovrà vedersela con i fantasmi del suo misterioso passato, causato dal ritorno della madre nella sua vita e con le persone che hanno assassinato il fratello. Un film precisissimo, perfettamente simmetrico, con l’utilizzo esasperato di un rosso accesissimo quasi a volerci trasportare in una dimensione infernale (data anche dalle tante riprese in corridoi strettissimi), piena soltanto di sentimenti di odio e di vendetta. Uno spettacolo visivo superbo e freddissimo che ricorda molto Lynch e, in parte, il suo peggior film a livello commerciale ovvero Fear X ma, a differenza di quest’ultimo, riesce a trovare la strada giusta per colpire lo spettatore pur nel gelo superficiale proposto. Il protagonista è un anti-eroe silenzioso distrutto dall’infanzia, dai soprusi con la madre con cui ha un ambiguo rapporto e dalle sue mani che continua ad osservarsi ossessivamente e il Ryan Gosling che lo interpreta è bravissimo nella semi-inespressività che deve tenere. Un plauso a Refn che dopo il successo di Drive avrebbe potuto continuare su un filone molto più mainstream e invece, a rischio di un ritorno economico molto inferiore, ha deciso di portare su schermo un’opera spiazzante che a tratti sarà anche eccessivamente ermetica, ma che ci rapisce e ci porta giù insieme al suo protagonista.
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