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A qualcuno piace caldo

Regia di Billy Wilder vedi scheda film

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La recensione su A qualcuno piace caldo

di Decks
10 stelle

Billy Wilder è stato uno dei registi più importanti del cinema, non solo statunitense, ma globale: la sua maestria nel comporre sceneggiature avvincenti, più il controllo assoluto della materia filmica, lo rendono indimenticabile a qualunque appassionato, intoccabile persino dal critico più dissenziente; tanti i suoi successi, ancora attuali, nonostante gli anni, le sue tematiche.

Grazie al suo ecletticismo diventa così uno dei fondatori del noir statunitense e il padre della commedia brillante americana.

 

Ed a proposito della poliedricità di Wilder, se esiste un film dove essa venga messa maggiormente in risalto è sicuramente questa pellicola: tre generi racchiusi in due ore di grandiosità. Noir, commedia e sentimentale: un miscuglio azzardato, che però, con la minuziosità di Wilder, raggiunge livelli altissimi riuscendo a coadiuvare qualsiasi sequenza, matura o farsesca che sia.

Come fare, dunque, a trattare il tema della dissimulazione, con una premessa credibile, seguendone le cause e l'evolversi? Semplicissimo: sfruttare un evento storico cruento (la "Strage di San Valentino") e porre i suoi due protagonisti come involontari testimoni del massacro. Rappresentando la sopraddetta scena, non solo realisticamente, ma capace, in pochi minuti, a far meglio di tante altre pellicole gangster, esclusivamente da delle smitragliate crude efficaci grazie ad un sonoro letale. Ha inizio così, per gli sfortunati Joe e Jerry, un'obbligato camuffamento, pena la vita.

Wilder non si accontenta però di una banale storia di due squattrinati in fuga dai criminali, ma gioca col pubblico aggiungendovi la donna più desiderata di tutte le platee del mondo. Marilyn Monroe.

 

Parte da qui un lungo percorso tra finzione e realtà: Joe e Jerry, come ogni individuo facente parte del sesso maschile, tenteranno di comprendere e sviscerare cosa si nasconde dentro le meningi di una ragazza, si identificheranno con le loro maschere, e, nel caso di Joe, ribaltare il ruolo di sedotto in seduttore, recitando la parte di un ricco magnate del petrolio. Wilder mostra il suo ritratto dei milionari ante crollo di Wall Street: fannulloni di lusso che vivono di rendita. Contrariamente all'ideale americano puritano e calvinista, in cui si professava strenuamente l'importanza del lavoro.

Non solo questo: Wilder ha una visione della sessualità, non solo nuova, ma capace di risultare odierna ancora oggi, malgrado i tanti anni trascorsi dalla sua uscita nelle sale; tramite agevoli dialoghi di Jack Lemmon, inconsapevolmente inizia ad innamorarsi del suo partner Osgood, un'omosessualità latente che terminerà in una rivelazione, seguita da una frase destinata a rimanere, giustamente, negli annali della storia cinematografica.

Quel "nessuno è perfetto" affermato con sicurezza e disinvoltura; un uomo che non si era innamorato semplicemente delle curve di una bella donna, ma dell'individuo e della personalità di Daphne/Jerry. Egli abbatte tutte le inutili barriere che vigevano a quei tempi, marcando particolarmente che la finzione, altri non è, che una manifesta realtà.

 

Tuttavia gli intenti di Wilder sono meramente comici: egli non dà esclusive attenzioni alla condizione di diversità o al soggetto della simulazione, anzi: il suo obiettivo è una trama colma di equivoci e gag fenomenali. Si ride a crepapelle di qualunque battuta o situazione che Wilder inscena amabilmente e con professionalità: dai continui flirt di Osgood e di un giovane e sfrontato cameriere, o agli stizziti confronti verbali tra Lemmon e Curtis, più una serie di rocamboleschi inseguimenti. Tutto ciò rende questa commedia una girandola di travestimenti e fraintendimenti, realizzati perfettamente.

A questo si unisce la potente ironia di Wilder sul mondo dei gangster, rielaborando diversi soggetti e situazioni di altre opere: tipo episodi di "Scarface lo sfregiato" di Howard Hawks, o traendo spunto da Benito Mussolini per ricalcare la figura e i modi di Piccolo Bonaparte.

Una sceneggiatura magnifica, che riesce perfettamente nello scopo di divertire e far riflettere lo spettatore.

 

Per non parlare degli altri aspetti tecnici tutti di grande successo: Arthur P. Schmidt, tecnico del montaggio, potrebbe benissimo essere preso come spunto da qualunque principiante per imparare come si monta un film comico; rende tutto ben ritmato, leggero e disinvolto. Il suo apice lo tocca sicuramente nel party notturno all'interno del treno, fenomenale e sbalorditivo.

Le musiche sono spontanee e accattivanti durante i numerosi sprazzi comici; dolci e aggraziate quando vi sono scene con più sentimento. Esse accompagnano tutta la pellicola, non solo ammaliando il pubblico, ma mettendo in risalto quella corrente musicale allora in voga, l'hot jazz, che è fedelmente riprodotto dall'orchestra o dalla Monroe nella sua famosa "I Wanna Be Loved by You".

Anche la scelta del bianco e nero per la fotografia non è una costrizione, dovuta al trucco verdastro di Jack Lemmon e Tony Curtis, ma diventa anch'essa ingegnosa e affabile: il nero che prevale durante il romantico soggiorno nello yacht conferisce la giusta atmosfera di sensualità e passione; il bianco che prevale durante scene più comiche è chiaro e limpido, sinonimo di leggerezza, smorzandosi in un grigio fumo durante le carneficine dei gangster. Charles Lang dimostra ancora una volta la sua abilità.

 

 

Jack Lemmon, Marilyn Monroe, Tony Curtis

A qualcuno piace caldo (1959): Jack Lemmon, Marilyn Monroe, Tony Curtis

 

Sulla regia di Wilder non c'è da soffermarsi più di tanto: la destrezza e la sicurezza con cui muove la cinepresa sul set, assicurano la riuscita di tempi comici e riesce persino a rendere la traballante intepretazione della Monroe ottima. Basti pensare, che la scena in cui la semplice azione di frugare in dei cassetti alla ricerca del whiskey fu ripetuta 65 volte. Questo conferma il controllo che Wilder aveva sulla scena, impegnato costantemente a rendere più naturale possibile ogni piccola azione.

Sfortunatamente, erano iniziati gli anni bui per Marilyn Monroe: Wilder con trucchi ingegnosi e competenza riuscì ad allontanare la Monroe dalla mediocricità, ma lo spettatore più attento potrà notare come i tempi in cui dalla sua figura uscivano giubilio e allegria siano ormai finiti. In particolar modo qui, si sente come venga trascinata da forze esterne in un ruolo che ormai non gli confà più.

Jack Lemmon e Tony Curtis fanno a gara di bravura: sincronizzati e divertenti; danno un'enfasi unica alle loro battute, capaci di far sbellicare anche solo dalla forza della loro intonazione; la loro versatilità è una dote rara che, in particolar modo nelle fantastiche scene finali, sottolinea ancor di più la loro preparazione a qualsiasi ruolo, dal facchino agli uomini d'affari, degni dei migliori attori comici. In più Jack Lemmon ha delle movenze, non solo simpatiche, ma realistiche nel suo inciampare continuamente a causa dei tacchi, più la goffaggine, con cui inscena, la difficoltà di comportarsi con indole femminile, lo rendono indimenticabile.

 

Wilder firma un capolavoro senza tempo: una commistione di elementi ilari con una raffinata ambiguità dei significati. Imperdibile per chiunque, ed una delle migliori commedie degli Stati Uniti. Tecnicamente inattaccabile e recitato benissimo; procede rapido, tanto è il piacere nel vederlo, fino alla strepitosa e moderna battuta finale.

Nessuno è perfetto, ma il film di Wilder sì.

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