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Zero Dark Thirty

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su Zero Dark Thirty

di Maciknight
4 stelle

Ennesimo film di propaganda made in USA con tutti i crismi del mainstream, spin doctor e loro frame, con l’avvallo governativo e probabili finanziamenti pubblici sotto banco. Molto ben confezionato e narrato, ma basato su montagne di falsità, disinformazione, mistificazioni, ecc..

Ennesimo film di propaganda made in USA con tutti i crismi del mainstream, spin doctor e loro frame, con l’avallo governativo e probabili finanziamenti pubblici sotto banco. Molto ben confezionato e narrato, ma basato su montagne di falsità, disinformazione, mistificazioni, ecc., secondo il classico modello di comunicazione americano. Probabilmente non c’è nulla di vero ma è quello che si è voluto far credere al gregge mediatico. Non ci sarebbe stato nulla di male se fosse stata una storia senza pretese di autenticità e fondatezza realistica, ma invece lo si è dichiarato fin dall’inizio come basato su fatti reali, che significa simbolicamente voler far credere allo spettatore che si sia fondato su accurate ricostruzioni e documentandosi seriamente sui fatti, mentre invece è un prodotto di pura propaganda. Sui contenuti l’altra ed unica recensione negativa corrisponderebbe a quanto avrei scritto anch’io, per cui preferisco soffermarmi su altri aspetti che nel film sono stati totalmente trascurati. E per essere un film con pretese di autenticità ricostruttiva direi che la lacuna è abbastanza grave, dolosa, criminogena. Omettere di citare le complicità nell’attentato dell’11 settembre ed il sostegno all’organizzazione terroristica Al Qaeda, che sono emerse nel corso degli anni da parte di una minoranza molto qualificata di giornalisti d’inchiesta a livello internazionale, da parte di alcuni servizi segreti del cosiddetto mondo occidentale e dei loro ambigui alleati arabi, è stato un atto premeditato e di scelta di campo, che non rende onore agli autori della sceneggiatura ed alla regista. In questa narrazione parrebbe che l’unica complicità emersa sia pakistana (nell'ospitalità e protezione fornita in particolare a Bin Laden ed alla sua leadership), nel cui territorio peraltro gli USA si permettono di compiere un’azione di guerra senza alcuna autorizzazione del governo locale (ma non è certo una novità). Non ci si può limitare a valutare la sola validità e qualità dell’esecuzione del film, sollevandosi dal valutare la qualità e le ripercussioni dei contenuti culturali e sociali trasmessi, ed in tal caso, almeno per quanto mi attiene, anche se si trattasse di un capolavoro, ma se i contenuti fossero falsi, nocivi e perversi, io non mi sentirei di collocarlo tra i film meritevoli di plauso. Anche la Leni Riefenstahl era per i suoi tempi una grande regista ma non per questo mi sento di doverla lodare per il suo importante apporto fornito a sostegno del successo politico culturale del nazismo. Di questi tempi gli unici registi che andrebbero lodati ed apprezzati, nell’ambito di coloro che affrontano argomenti scottanti e delicati come questo, sono coloro che con coraggio si sforzano di mantenere un minimo di autonomia, indipendenza e volontà di denuncia, andando controcorrente a scapito non solo della loro carriera ma anche rischiando l’incolumità personale (spesso chi si oppone al “regime democratico” finisce vittima di strani incidenti), e non coloro che mettono il loro talento al servizio del potere dominante ed istituzionalizzato. Potere attualmente saldamente nelle mani dei cosiddetti neocons, che negli USA sono i veri padroni del vapore, indipendentemente da chi governa, che è solo un rappresentante che recita un copione, come ai tempi di Ronald Reagan, che essendo stato un attore era congeniale nella parte assegnatagli e non c’era schizofrenia nel ruolo. Per rendersi conto di quale "potenza di fuoco" dispongano in termini finanziari, basterebbe cogliere un particolare esposto nel film, quando per ottenere semplicemente un numero di telefono di un famigliare di un sospetto corriere di Bin Laden la CIA ha donato una Lamborghini ad un kuwaitiano (valore dai 200 ai 400 mila dollari). Se non si mantiene un minimo di diffidenza, scetticismo, autonomia di giudizio, ecc., è facile lasciarsi prendere dai perversi meccanismi persuasivi dell’iconografia americana, che con i potenti mezzi di cui dispone ti incanta e può far credere ciò che vuole. Francamente, nonostante la bravura della regista, non essendo a digiuno in quanto ad informazioni sugli eventi descritti, essendo abituato a documentarmi scrupolosamente da tutte le fonti, mi sono sentito preso in giro da quello che il film cercava di propinare, indipendentemente dalla qualità dei modi, è la supponenza con cui hanno somministrato la loro “verità” che mi ha infastidito.

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